VENGO IN PACE by OBLOQUOR

Era un tardo pomeriggio autunnale, Calvin stava bevendo la sua ultima birra mentre in cielo spuntavano le prime stelle. Guardare il cielo lo aiutava a calmarsi, tutti gli uomini hanno un modo per esorcizzare le proprie paure e recuperare la tranquillità, il suo consisteva nel comprare una cassa media di birra prendere il suo pick-up e andarsene poco fuori città, a guardare in alto verso le stelle.
Lui e Jessie stavano avendo dei problemi, questo lo sapeva, ma il vero problema era capire quanto fossero gravi. Calvin aveva trentun anni e da quattro era sposato con Jessie, avevano una figlia di nome Amy di tre anni ed un matrimonio che stava andando a rotoli.  Non pensava che la sua vita da sposato sarebbe stata migliore, ma non credeva potesse finire così male, lui e Jessie non si amavano più e la magia che li aveva legati insieme quattro anni prima aveva incominciato a svanire già durante la luna di miele; la prima notte di nozze infatti avevano discusso come non mai, poi lui era uscito per bere qualcosa al bar dell’hotel mentre Jessie era rimasta in camera. Quella fu la prima di molte notti in cui Calvin si trovò costretto a dormire fuori.
Le cose non migliorarono neanche dopo, Jessie faceva la cassiera al supermercato e gli orari stressanti, uniti ad una vita coniugale più che monotona, l’avevano fatta diventare acida e stronza nel giro di due mesi. Quando tornava a casa non faceva altro che lamentarsi di tutto, ma la cosa che non sopportava era il fatto che ogni occasione era buona per prendersela con lui. Lui era sempre la causa di tutto. Arrivato al sesto mese di matrimonio contattò un suo amico avvocato per chiedere alcuni chiarimenti sul divorzio, la chiacchierata fu breve ma molto utile e alla fine si decise ad assoldare un investigatore privato che indagasse su sua moglie: i cento dollari meglio spesi della sua vita.
Jessie incominciò a cambiare atteggiamento, divenne più dolce si lamentava di meno e non se la prendeva più con lui per ogni minima cosa, tutto sembrava andare per il verso giusto. Aveva iniziato a tradirlo da un paio di settimane, il tipo con cui si vedeva abitava in un motel poco lontano dal supermercato dove Jessie lavorava. Con soli cinquanta dollari in più Calvin si fece dire dove erano le telecamere del motel e quando lui tornava da solo. Una settimana dopo sistemò la questione: licenziò l’investigatore di venerdì, il sabato sera aspettò l’uomo con cui sua moglie lo tradiva nel parcheggiò del motel e la domenica mattina fece l’amore con Jessie dopo averle preparato la colazione. Il lunedì pomeriggio Calvin aveva visto sua moglie particolarmente preoccupata, lei aveva fatto un paio di chiamate con il telefono di casa ed era rimasta silenziosa tutto il giorno, il martedì mattina era ritornata la stronza di sempre.
Dopo quel fatto si resero conto entrambi che dovevano fare qualcosa, il divorzio non era una strada che Jessie voleva affrontare quindi l’unica opzione rimasta era quella di avere un figlio, sperando che questo cambiasse le cose. E così nacque Amy, la figlia che avrebbe dovuto riportare il loro matrimonio di nuovo in carreggiata, ma una bambina non risolve i problemi di una coppia il massimo che può fare è amplificarli. Calvin iniziò a fare i doppi turni in fabbrica incominciando a vedere sempre meno sua moglie. Dopo un anno dalla nascita di Amy la situazione non era cambiata. Jessie tornò a lavoro e ricominciò a tradirlo, mentre Calvin ormai sempre più frustrato cercava di scaricare la tensione portando Amy a fare lunghe passeggiate.
Ogni tanto si chiedeva come sarebbe stata la sua vita se un giorno non fosse più tornato a casa; se ne sarebbe andato in California, avrebbe frequentato dei corsi serali e sarebbe diventato un barman di qualche locale notturno in cui avrebbe passato il resto dei suoi giorni . Poi però pensava ad Amy, al fatto che l’avrebbe dovuta lasciare da sola con Jessie  e che non l’avrebbe più rivista. Allora ci ripensava, smetteva di viaggiare con la mente, ripetendosi che si sarebbe dovuto impegnare a non divorziare prima dell’adolescenza di Amy. Fino ad allora si sarebbe goduto l’affetto di sua figlia che, crescendo come tutti i bambini sarebbe divenuta una teenager, e come tutti i teenager  avrebbe odiato i suoi genitori.
Calvin aveva pensato di tradire sua moglie un paio di mesi prima, e ci era quasi riuscito. Aveva preso il suo pick-up ed era andato in centro, nella zona in cui stanno tutti quei club alla moda pieni di belle ragazze. Voleva entrare dentro il The Hub. Sua moglie odiava quel posto, le cameriere erano più belle di lei e guadagnavano in una sola sera il corrispettivo del suo stipendio mensile. Era un martedì sera quando andò al The Hub, ed era l’unico giorno della settimana in cui il locale era chiuso. Restò a fissarne la vetrina per una mezz’ora abbondante prima di decidersi a tornare a casa, e proprio mentre stava per risalire in macchina vide un paio di ragazzi uscire da un caffè non troppo distante: il Muguniverse. Non aveva fretta di tornare da sua moglie, si diresse verso il caffè e prima di entrare notò il cartellone appeso in vetrina: TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SUGLI INCONTRI DEL TERZO TIPO MA NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE.
Al Muguniverse si tenevano dei seminari serali dove alcuni esperti parlavano di forme di vita extraterrestri e di come il governo tentasse di tenerle nascoste. Calvin non era molto preso da quei discorsi complottisti, ma andò comunque ogni martedì del mese a sentire gli incontri. La cosa che più lo affascinava non erano le teorie che collegavano i postini ai servizi segreti, né tanto meno sentire uomini dalla dubbia sanità mentale parlare di rapimenti alieni; il motivo per cui era andato al Muguniverse era perché li, in quell’ora e mezza dove un gruppetto di psicopatici non smetteva di parlare un attimo, poteva distrarsi e pensare, pensare agli alieni e a quello che facevano quando si trovavano a vivere la loro routine con le loro cose.
Dopo qualche mese il Muguniverse non organizzò più incontri ed il gruppetto di psicopatici si spostò da un’altra parte, qualcuno aveva parlato di un complotto della C.I.A., il proprietario invece si lamentava del mancato pagamento dell’affitto del locale. Non si è mai capito veramente chi avesse ragione, fatto sta che Calvin sostituì l’andare al Muguniverse  con l’uscire fuori città con il suo pick-up, farsi qualche birra  e stare a guardare il cielo per ore domandandosi cosa facessero gli alieni quando devono pagare il mutuo o lavorare in ufficio. Almeno finché il tasso alcolemico nel sangue non scendeva sotto la soglia minima legale per guidare. Appena sentiva di potersi rimettere al volante tornava a casa come stava facendo adesso.
Parcheggiò davanti il garage, domani avrebbe avuto una giornata molto dura e si doveva alzare presto. Aprì la porta di casa e trovò Amy ad aspettarlo sui gradini della scale che portavano al primo piano “Papà papà! La mamma ha fatto entrare un signore che la fa urlare, ti prego ti prego falla smettere! Caccia via il signore che ha fa male a mamma!”. Calvin cercò di mascherare la tristezza come meglio poteva, non voleva che sua figlia si facesse troppe domande: le preparò una tazza di latte con i suoi cereali preferiti e la parcheggiò davanti al televisore. Questo l’avrebbe distratta dal sentire i suoi genitori litigare per l’ultima volta.
Incominciò a salire le scale con passo pesante, era il suo modo per avvertirli che stava arrivando, avevano tre minuti abbondanti per calarsi giù dalla finestra e non farsi più vedere. Si fermò difronte la porta della camera da letto, era socchiusa e riusciva a sentire distintamente il materasso che sobbalzava mentre sua moglie ed il suo “amico” stavano facendo quello che non avrebbero dovuto fare in casa sua, nel suo letto. Pensò a quando pestò a sangue il primo amante di sua moglie, a quando lo aspettò nel parcheggio di quel motel e a quanto si era goduto la scopata del giorno dopo. Doveva caricarsi, non era per niente come l’altra volta, e non perché sua moglie lo aveva tradito sicuramente con tanti e tanti altri uomini, non perché oggi aveva una figlia ma perché in quel periodo della sua vita, in quel momento, in quel preciso istante lui si sentiva morto dentro e non gli sarebbe dispiaciuto se una volta aperta la porta la sua vita fosse terminata subito dopo, accasciandosi sul pavimento della camera da letto. Chissà cosa fanno gli alieni in questi momenti?
Si fece forza ed entrò dentro la stanza, nulla avrebbe potuto prepararlo a quello che stava per  vedere: sua moglie aveva appena fatto in tempo a coprirsi con le coperte mentre un essere dalla forma umanoide con una testa enorme e dei grandi occhi neri cercava di coprirsi i genitali con le sue lunghe dita grigie. Jessie iniziò subito a parlare “Amore non è come sembra!” guardò l’alieno che era con lei sul letto e con dei cenni della mano lo incoraggiò a parlare. L’extraterrestre era spaventato e spaesato, Calvin avrebbe giurato che stesse quasi tremando, mentre aprì la bocca per dire poche ma semplici parole “Vengo in…pace?”. La vista di Calvin si oscurò poi si accasciò  svenuto sul pavimento…
ILLUSTRAZIONE :  Milazzo

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