IL SUO NOME ERA by OBLOQUOR




Piove, il cielo grigio mostra il suo volto scuro al Gran Cimitero di Londra. Le enormi cappelle dell’elite nobiliare riempiono il campo santo, i loro enormi sepolcri decorati non sono altro che  l’ ultimo disperato tentativo di ostentare la loro ricchezza per sentirsi importanti, anche davanti la morte. Ma il tristo mietitore non bada alla classe sociale, o agli onori conquistati in vita quando miete il suo raccolto. E così passa per tutti, coglie anime, indiscriminatamente. Sono tutti uguali davanti a lui. In lontananza i nobili stanno dando l’ultimo saluto ad uno dei loro giovani virgulti prematuramente scomparso: un santo, un angelo, un cherubino innocente. Nessuno parla di quando molestava le serve, nessuno vuole ricordare le sue notti nei postriboli, l’alcool e delle droghe con cui distruggeva il suo corpo, sperperando tutto quello che riceveva dai suoi candidi genitori.

Una figura nera si allontana. La pioggia continua a cadere, i suoi stivali si sporcano di fango mentre prende le distanze dal corteo funebre, ma il suo pensiero corre al ragazzo: era stato trovato completamente dissanguato in una delle case chiuse che frequentava abitualmente, nulla di nuovo fino a questo punto, non era strano che qualcuno venisse ucciso da un vampiro, anche se era un nobile. I vampiri non erano più un problema da molto tempo ormai. I capi dei grandi casati erano stati eliminati dall’Inquisizione, il resto dell’epurazione si era svolto in modo del tutto autonomo. Le lotte fratricide tra le varie fazioni che si vennero a formare, dopo la perdita degli anziani per conquistare il potere, indebolirono a tal punto i vampiri che non poterono più resistere alla Guardia Reale.

L’Inquisizione aveva svolto un lavoro magistrale, anni per cercare informazioni, decenni per introdurre uomini di fiducia nei ranghi più alti delle casate, un secolo e mezzo per organizzare l’assassinio dei Grandi Padri, e poi la fine.Alcuni vampiri sono rimasti ma non sono altro che piccoli gruppi di sbandati che vagabondano nelle fogne e nelle periferia più esterna della grande città sotterranea, incapaci di adattarsi al nuovo mondo, ridotti a poco più che spettri.

Erano passati anni dall’ultima volta che era stato trovato un corpo segnato con il marchio di un casato. Una mano chiusa a pugno dentro un pentagono rovesciato era stata incisa sulla schiena del ragazzo, possibile che i Redfear infestassero di nuovo le strade? La figura si aggiustò il  lungo cappello, la pioggia bagnava i suoi capelli, qualcosa lo stava seguendo da quando si era allontanato dal corteo. Doveva prepararsi e aspettare. Continuò a camminare fino ad arrivare all’entrata del campo santo, l’enorme siepe che circondava il perimetro del cimitero lasciava spazio ad un enorme arco a fornice bianco, su cui figuravano rilievi colorati di azzurro turchese rappresentanti le immagini bibliche riguardanti il passaggio del Mar Rosso, la predicazione di Giovanni il Battista e la passione e resurrezione di Cristo. In questo mosaico di immagini su entrambe le facciate dell’arco  spiccavano le statue di due coppie di angeli dalla chioma fluente, la pelle in marmo rosato e le armature variopinte di epoca classica. In una mano tenevano una spada, mentre con l’altra salutavano gentilmente i fedeli che entravano ed uscivano.

La figura scura si rifugiò sotto l’arco del cimitero per non bagnarsi, il suo inseguitore sarebbe arrivato a momenti. Si girò e tra la pioggia vide arrivare una donna che si avvicinava sempre più velocemente. Indossava un lungo soprabito nero tendente al violaceo e aperto sul busto lasciando intravedere  quello che sembrava un corpetto nero, un groviglio armonioso di merletti e altre decorazioni floreali si susseguivano su quel corpo dove spiccavano qua e la delle macchie violette. Questo poteva significare solo una cosa ,era una bustuaria. Il cappello, dello stesso colore del vestito, era munito di un velo leggero ricamato con cui nascondeva il viso, i suoi capelli rossi e ricci  le ricadevano abbondanti sulle spalle. Gli stivali dal tacco basso, nonostante la velocità, non erano sporchi di fango e in poco tempo fu sotto l’arco. I lineamenti del volto che trasparivano dal velo facevano già intravedere quale fosse la grande bellezza della donna. Incrociò lo sguardo con la figura dal lungo cappello. Si tolse il velo dal viso e subito spiccarono i suoi occhi castani striati di viola, come se la condizione di paritetica dei cimiteri le fosse penetrata sin dentro l’anima.

La donna guardò l’uomo, i suoi occhi erano pieni di desiderio, la sua espressione innocente e candida come quella di un bambino che dorme. La bocca violacea come il vestiario era aperta quel tanto che bastava per lasciare intravedere i canini più lunghi, risplendevano come lame appena lucidate sotto l’ombra dell’arco. La bustuaria tese la mano verso l’uomo e con voce dolce e suadente disse ^Seguimi padre… ti prego ho molto peccato, ho molta sete …ho bisogno di conforto^. Subito la figura dal vestito nero prese la mano della vampira e questa incominciò a condurlo dentro il cimitero.

Camminarono per molto tempo inoltrandosi sempre di più nel campo santo, la pioggia continuava a cadere, gli stivali dell’uomo si sporcavano sempre di più di fango mentre il vestito della paritetica sembrava indifferente alla pioggia. Arrivarono in una zona più in ombra del cimitero davanti una piccola cappella in rovina, lei aprì il grande portone in metallo ed entrarono dentro. L’interno della piccola cappella era appena illuminata da un paio di candele, poste su alcuni loculi. Se ci si fosse fermati a leggere i nomi dei defunti, ci si sarebbe accorti che l’intera cappella era piena di motti goliardici e frasi ingiuriose: una porta per la Città Sotterranea.

Proseguirono scendendo sempre di più per un lungo corridoio rischiarato ogni tanto dalla luce di qualche torcia di fortuna, quella strada doveva essere molto trafficata. Alla fine del tunnel davanti ai loro occhi si aprì il panorama della Città Sotterranea. Un tempo covo di ladri, stupratori, eretici, truffatori, sfollati e uomini falliti pronti ad uccidersi fra loro per avere un po’ più di spazio. Ora, dopo l’arrivo della Lega Infernale che negli ultimi decenni tramite accordi e assassinii aveva preso il potere in tutte le città dei morti, trasformata in un agglomerato di postriboli e taverne dove i nobili cercavano i divertimenti e i piaceri più proibiti, mentre i ladri autorizzati alleggerivano le loro borse piene di monete.

Entrarono in città, la donna guidò l’uomo in un intricato labirinto di piccole strade deserte e oscure che si diramavano dalle grandi piazze, gremite di persone e illuminate dai colori dei vestiti delle prostitute e dalle luci di taverne e bordelli.Continuarono a camminare come se nulla fosse, la baustaria procedette senza fermarsi e usciti da una piazza si immergevano nell’intricato labirinto di piccole e sinuose stradine. Presero una strada che portava ad un vicolo cieco ed entrarono in uno dei tanti dormitori diroccati, l’interno dell’edificio era fatiscente e la luce fioca di qualche candela bastava solo per distinguere i contorni delle porte e dei muri consumati dal tempo. Salirono alcune rampe di scale ed entrarono in una stanza.

L’interno era squallido e fatiscente come il resto dell’edificio. In mezzo alla stanza troneggiava un enorme letto di paglia dall’aspetto molto comodo anche se rozzo a vedersi, la donna si tolse il cappello velato e si avvicinò all’uomo vestito di nero. Aveva già avuto a che fare con i preti: uomini ipocriti e contorti che chiudevano i loro vizzi dentro il colletto che portavano ben stretto alla gola, finché il buon vino e le belle donne non lo facevano cadere. Gli avrebbe dato giusto una spinta, alla fine erano tutti uguali, bastava una spinta e poi avrebbe fatto tutto da solo. Si sfilò senza troppe cerimonie il laccio che chiudeva il busto e portò l’uomo sul letto. Incominciò a stringersi a lui, ad baciarlo a riempirlo di carezze e passione, intanto i vestiti che la coprivano le scendevano lentamente lungo i fianchi.

Si distese sopra di lui ma l’uomo non reagì, odiava quando le cose si mettevano in questo modo, lei aveva fame e non voleva perdere tempo, smise di baciarlo e di stringersi al suo corpo, con una mano lo avvicinò a se e con l’altra incominciò a spogliarlo. Avrebbe strappato quei vestiti puliti e profumati da quel corpo grasso e sudaticcio, avrebbe affondato i suoi denti nella gola lardosa e non si sarebbe staccata prima di aver succhiato anche l’ultima goccia di sangue di quel fraticello da due penny. Gli avrebbe fatto rinnegare la sua fede, si sarebbe fatta pregare affinché smettesse di tormentarlo mentre giocava con lui come il gatto col topo. Il lungo cappello nero cade sul letto, il soprabito perse i suoi bottoni e volò via, le vesti incominciarono a lacerarsi e il vampiro in tutta la sua ira esitò un’istante per godere della vista della sua preda. Ma sotto le lunghe e nere vesti non c’era uno di quegli uomini tarchiati e spaventati, pronti a consegnare la loro anima pur di salvarsi. Sotto quegli stracci una folta chioma di capelli castani, scuri come le cortecce delle foreste teutoniche dopo la pioggia, incorniciavano il viso di un cherubino troppo vecchio per essere infante e troppo giovane per essere adulto. Il tutto accompagnato da due specchi d’acqua azzurri come il mare in estate. I fori nelle vestiti lasciavano intravedere un corpo che neanche lo stesso Fidia avrebbe saputo scolpire, e quell’angelo, quella creatura nobile e pura la guardava senza timore con una luce particolare. Come se l’avesse sempre cercata. “Qual è il tuo nome?” disse la donna che ora apriva la sua mano in una carezza.

“Van Hellsing”. Fu un attimo, come il sibilo di una freccia e poi tutto finì, il suo volto fermo con un’espressione di terrore e disperazione come la testa mozzata di Medusa, il corpo rattrappito ingrigiva e si colorava con la luce di qualche scintilla che sfavillava. L’uomo si alzò dal letto scostando da se quel cumolo di cenere e piccole scintille, reinserì il paletto nel fodero e recuperò il soprabito.

N.d.A. In questo universo narrativo Van Hellsing fu un cavaliere di ventura di origini scandinave che servì re Guglielmo il Conquistatore durante la conquista dell’Inghilterra. Distintosi grazie ai suoi atti di coraggio e valore militare durante la guerra, fu investito del titolo di conte e gli fu permesso di creare un proprio ordine di cavalieri, i cavalieri di Hellsing. Durante i primi anni dopo la conquista Londra si trovava in preda ai disordini causati dalla piccola criminalità e dai vampiri, i cavalieri di Hellsing furono i primi ad adoperarsi per ristabilire l’ordine e il potere del re anche nelle zone più malfamate della città che vivevano nell’anarchia. Nel corso dei decenni i cavalieri diventarono un corpo di élite grazie alle abilità sviluppate nel contrapporsi alla criminalità e ai vampiri come ad altri tipi di forze oscure o rivoluzionarie. Dopo la morte di Van Hellsing l’ordine si divise in due capitoli: i cavalieri del Re, che poi divenne il primo gruppo della Guardia Reale, e i fedeli di Hellsing, formato da tutti i cacciatori occulti più ortodossi agli insegnamenti del fondatore. A causa della mescolanza dei vampiri con alcuni casati della nobiltà inglese i fedeli di Hellsing furono accusati di tradimento e costretti all’esilio, da questo periodo in poi il nome Van Hellsing divenne sinonimo di perversione per l’occultismo e feticismo verso tutto ciò che riguarda le creature oscure a causa della propaganda inglese. Questo particolare tipo di inclinazione dell’animo umano è particolarmente diffuso in alcune frange della nobiltà, ed è stato oggetto di persecuzione e di scomunica da parte dell’Inquisizione onde evitare la formazione di nuove sette tra i nobili. Con il passare dei secoli però i vampiri presero sempre più potere in Inghilterra e il consiglio dei nobili insieme al re si vide costretto a riformare un nuovo ordine di cacciatori dell’occulto: la Guardia della Porta. In questo nuovo ordine ritornarono molti dei discendenti dei fedeli di Hellsing mentre altri preferirono entrare nell’Inquisizione o mettersi al soldo di altri regni o fazioni. Il titolo di Van Hellsing, nonostante venga utilizzato molto spesso in senso spregiativo, per i motivi prima elencati, è una delle onorificenze più altre che la Guardia della Porta elargisce a tutti i cacciatori dell’occulto che non fanno parte dell’Ordine.
ILLUSTRAZIONEViolapesto – Nenril-Tf

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