LA CITTÀ ETERNA by OBLOQUOR
Il cielo inquinato sopra di me ed il lerciume della strada sotto i miei piedi, sono passati anni eppure Roma è sempre qui. Sono arrivato con gli uomini di Attila nel 452, avevo vagato per secoli nella zona del Reno vivendo di quello che la natura mi offriva: cacciagione, radici e popolazioni germaniche. Mi muovevo nel mio piccolo angolo di mondo e non riuscivo ad immaginare una vita diversa da quella che avevo, poi arrivarono gli Unni che fecero fuori una parte importante della mia dieta. La mia scelta si ridusse tra il morire di fame o seguire Attila dentro il ventre dell’Europa. Cucinavano da schifo e si rimpinzavano di una strana bevanda chiamata birra, il solo odore mi dava il volta stomaco, molti morivano dopo essersene scolati una botte intera e la loro carne prendeva un sapore diverso. Mi distaccai dall’orda unna e andai a Roma seguendo da lontano papa Leone. Dopo un paio di mesi mi accorsi di come il clima italiano fosse totalmente diverso da quello a cui ero abituato: il sole mi dava la nausea e picchiava forte, incominciai ad uscire sempre di meno durante il giorno.
Gli anni successivi furono un susseguirsi di spargimenti di sangue: prima i Vandali di Genserico poi i Goti di Ricimero. Fu l’inizio degli anni più bui della mia vita, parlavo poco il latino che andava sempre di più imbastardendosi, gli uomini diventavano sempre più poveri e deboli. Vissi nelle fogne per secoli almeno fino all’anno 1000. Il sole era diventato per me insopportabile, ma conoscendo la città da molto più tempo dei suoi abitanti non mi fu difficile sopperire a questo problema. Incominciai a frequentare alcune bettole e non mi ci volle molto per entrare al servizio di qualche usuraio, la mia forza non aveva eguali e quando qualcuno era insolvente trovavo i modi più crudeli per punirlo. Non mi interessai dei cristiani prima del 1083 quando le truppe di Enrico di Franconia invasero la città, i tedeschi non erano male ma con l’arrivarono dei Normanni la situazione precipitò velocemente: le violenze, i saccheggi ed i furti distrussero Roma. Fu la prima volta che assaltai Castel Sant’Angelo.
Fino al 1143 servì come assassino alcune famiglie come i Caetani, gli Annibali ed i Crescenzi. Non facevo altro che accoltellare persone ogni sera, neanche il tempo di bere un po’ di vino che subito dovevo andare da qualche parte a scannare qualcuno. Si incominciò a parlare di un certo Arnaldo e della ricostituzione del Senato, ma non nascondo la mia grande difficoltà nel seguire gli eventi politici di allora. Tornai a lavorare nei bassi fondi finché un signorotto non mi commissionò l’omicidio di un cardinale, l’affare mi fece guadagnare tanto da poter vivere tra bordelli e osterie fino al 1300. Si respirava una brutta aria per le strade, qualcosa di grosso stava per accadere. Durante questo periodo ho scoperto il mio sesto senso che mi permette di vedere il futuro, come direbbero i mortali, in realtà riesce solo a farmi percepire l’arrivo dei grandi momenti della storia. Nel 1312 vidi il papa andarsene da Roma ad Avignone e li incominciò il divertimento, gli storici la chiamano cattività avignonese e parlano di Roma come di una città in preda al degrado e all’anarchia, io lo ricordo come uno dei momenti più felici della mia vita, come mercenario dei Colonna non mi sono mai divertito così tanto. Purtroppo tutte le cose belle finiscono e con l’elezione di Giulio II dovetti accontentarmi di ritornare in mezzo alle bettole e ai bordelli, non mi dispiacque quando il vecchio tirò le cuoia per colpa della sifilide.
Al contrario di quanto gli storici vogliano far credere i Borgia furono tra i più noiosi padroni di Roma, ed io ne ho visti di condottieri, mercenari e battone. Poi vennero i Lanzichenecchi e diciamo che in quei giorni non sono stati proprio loro a fare tutto quel macello, anche se dopo quell’episodio incomincia ad interessarmi veramente alla vita politica romana. Furono tre secoli indimenticabili non tanto per gli artisti, uomini lugubri ed insaziabili nelle loro voglie, quanto per le feste. Il carnevale di Roma in quegli anni era l’evento a cui potevano partecipare solo le persone che contavano, ed esserne stato a capo dell’organizzazione più di una volta mi valse un certo rispetto tra le famiglie nobili della città, non sono più riuscito a raggiungere questo traguardo nei secoli successivi. Ressi malissimo all’invasione francese e alla restaurazione del potere papale subito dopo, stavo quasi per finire per strada quando mi decisi ad intraprendere la carriera militare; era il 20 settembre quando durante la mia prima giornata di servizio iniziò un cannoneggiamento vicino la mia postazione di guardia: Porta Pia. I guastatori dell’esercito reale fecero brillare l’ordigno che aprì la breccia nelle nostre difese, complice il sole che negli ultimi secoli mi metteva di cattivo umore ed il mio essere leggermente alticcio, attaccai i bersaglieri esplodendo alcuni colpi verso il nemico più vicino. Caddi a terra subito dopo a causa dei crampi allo stomaco, non ho più bevuto whisky in vita mia. Nei giorni successivi lessi su un giornale della morte di un certo Giacomo Pagliari, somigliava vistosamente all’uomo contro cui avevo rivolto il moschetto.
Gli anni della presa di Roma da parte dei piemontesi furono mitigati solo dalla mia profonda amicizia con un abruzzese, Gabriele D’Annunzio, seppe restituirmi il sorriso nel periodo che io ritenevo più decadente ed insulso. Fu grazie a lui che presi parte alla Grande Guerra, spinto infatti da uno spirito patriottico instillatomi da Gabriele mi arruolai nell’esercito Italiano e vestì quel tricolore che tanto mi ricordava la bandiera francese. Il 24 ottobre del 1918, sotto il comando del tenente Sabatini, sparavo contro ogni austriaco abbastanza folle da sfidare qualcuno che secoli prima aveva marciato al fianco di Attila. La vittoria fu schiacciante ma non mi piacque tanto da continuare a stare fuori Roma e così me ne tornai nella città degli archi. Non aderì al partito fascista, scimmiottava troppo quell’Impero romano che non aveva mai visto, entrai invece in buoni rapporti con papa Pio XII ,il più rispettabile degli uomini politici del suo tempo. Lo aiutai a nascondere tutti gli ebrei che mi affidò durante il conflitto, e gli promisi che avrei dato una mano alla Chiesa fino alla fine del secolo.
Sarà stata questa mia vicinanza al Vaticano o il fatto che mi assicuravo del corretto svolgimento del Concilio ma gli anni ’60 e ’70 non mi hanno intrigato più di tanto, in compenso ho studiato medicina con particolare attenzione verso le malattie veneree. Già nel 1975 sapevo che nelle comunità gay e tra alcuni tossico dipendenti era diffusa una nuova malattia peggiore della sifilide, nel 1982 Gallo lo comunicò al mondo intero. Dagli anni ’80 fino al 2000 mi sono rinchiuso dentro gli archivi vaticani, sono uscito solo un paio di volte per aiutare Giovanni Paolo II. Negli anni ’90 mentre tutti pensavano alla Guerra nel Golfo o alla pecora Dolly io scoprivo di essere una specie di progenitore dei vampiri; finalmente potevo spiegarmi perché mangiavo anche le persone nei primi secoli della mia vita, oltre all’immortalità naturalmente. Il fatto non mi sorprese più di tanto, ma fui molto felice di apprende che non era registrata la presenza di molti miei simili ancora vivi.
Fino al 2009 sono stato in giro per il mondo uccidendo tutti quelli che avevano il mio stesso dono, alcuni la presero bene e furono felici di morire altri invece, diciamo che hanno opposto resistenza. Sarò anche un essere pigro e svogliato ma è meglio che questo potere non cada nelle mani degli uomini, ho visto cosa hanno fatto con le bombe nucleari e non mi è piaciuto neanche un po’. Adesso sono tornato a Roma da una trentina d’anni o qualcosa del genere, con mio rammarico lo stile architettonico di oggi cozza sempre di più con le rovine che mi hanno fatto innamorare di questa città. Si parla di cambiamento e innovazioni ma non è vero niente, Roma è sempre Roma. Adesso sono qui sui tetti di una città eterna come me, se guardo avanti vedo San Pietro, un po’ diverso ma è sempre lì; se mi giro ci sarà qualche altro monumento che mi farà ricordare qualcosa ma sarà sempre come la prima volta. Non ci sono parole per esprimere quello che provo, è tutto così forte speciale ed immenso. Sono a Roma, finché ci sarai lei ci sarò anche io.
ILLUSTRAZIONE: Andrea Benespera
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