LA GRANDE CACCIA

Il Gran Maestro fece il suo ingresso nella sala dei rituali seguito dai monaci, appena prese posto sull’altare i seguaci si posizionarono in cerchio intorno a lui ed incominciarono a salmodiare, l’uomo dalla tunica nera mormorava parole sconnesse in una lingua antica. Alcuni iniziarono ad accompagnare la litania con il rullo dei tamburi cerimoniali, gli adepti salmodiavano sempre più ad alta voce mentre i bisbigli del Gran Maestro si erano trasformati in urla. Nel tempio incominciò a soffiare un forte vento che scardinò le porte e ruppe i vetri delle finestre ma i Monaci Neri continuarono con il rituale di invocazione; il rullo dei tamburi divenne sempre più veloce ed assordente, tanto da coprire la preghiera degli adepti e le urla forsennate del gran maestro. All’improvviso un lampo illuminò l’enorme sala accecando i presenti per alcuni istanti, quando riaprirono gli occhi videro che sull’altare era apparsa una strana figura; un uomo dalla lunga capigliatura con due grosse ali sulla schiena e un paio di corna sulla testa. L’essere sembrava vestito di stracci e muoveva sconnessamente la testa e gli arti squadrando le persone introno a lui, i monaci rimasero interdetti mentre il Gran Maestro si avvicinò all’altare.
Nella  foresta di Stormwood un gruppo di uomini discutono tra loro intorno ad un grande fuoco da campo con sopra un pentolino ricolmo di mercurio. “Non riesco proprio a capire perché i monaci ci abbiamo spedito qui” “Libero di tornartene nelle prigioni o di andartene” “Andarmene? Stai scherzando?! Pensi che io sia così stupido da non sapere che i nostri collari sono pronti a strangolarci appena ci allontaniamo troppo dal tempio?” “No ma sei abbastanza stupido da continuare a farti domande, in caso te lo fossi dimenticato stiamo cacciando di un Discendente” “Certo stiamo dando la caccia ad un donna mezzo drago è tutto così semplice! Sentiamo quale  temerario  è andato a fottersi un drago o la povera contadinella tanto fortunata da essere sbattuta da uno di quei lucertoloni?” scoppia una risata generale tra i cacciatori che incominciano a mimare gesti osceni. Un vecchio seduto vicino al fuoco prende la parola  “I draghi sono molto più che semplici lucertoloni” qualcuno continua a ride altri minacciano il vecchio per farlo tacere, alcuni si sono incuriositi, uno di questi alza la voce e riduce al silenzio il gruppo poi invita l’uomo a parlare. “Stavo dicendo che i draghi non sono sempre stati come sono oggi, una volta erano veramente degli esseri superiori in grado di sputare la Fiamma Vera, un fuoco talmente potente da bruciare la mente di chi ne veniva colpito. Non si sa da dove venissero, le leggende sono vaghe e discordi tra loro, ma sappiamo che abitano questo mondo da quando l’uomo ne ha memoria. I draghi si stabilirono nelle regioni orientali creando una terra ricca e prosperosa, arrivarono gli uomini che li incontrarono per la prima volta e li adorarono come dei ma poi ,come tutti gli dei degli uomini, vennero dimenticati oppure odiati come succede oggi. Ci sono stati molti draghi che hanno cambiato per sempre la vita dei mortali, tra questi il più importante, che forse alcuni di voi conosceranno con altri nomi, è Falor il dispersore di vita. Il più depravato ed infimo dei draghi originari, sono opera sua i lucertoloni di cui tanto parlate” calò il silenzio sui cacciatori poi qualcuno prese la parola “Si dice che nelle regioni occidentali ci siano dei draghi in grado di sputare terra e pietra, dicono che siano i peggiori perché ti seppelliscono vivo, allora io mi chiedo: se Falor ha creato i draghi che conosciamo oggi si è scopato una montagna o cosa?” gli uomini tornano a ridere e a fare battute, il vecchio rispose con tono grave “Quando le montagne erano ancora vive e si muovevano nel nostro mondo Falor le insediò”. I cacciatori continuavano a ridere e a proferire oscenità , poi un ragazzo rimasto in disparte dal gruppo parlando tra se ad alta voce disse “Saranno forse i giganti?” il vecchio sorrise e si avvicinò al fuoco immergendo le mani nel pentolino pieno di mercurio.
I cacciatori incominciarono ad urlare al vecchio di ritrarre le mani mentre altri lo insultavano o ridevano di lui, ma l’anziano non si scompose portò le mani al collo e ruppe il collare dei Monaci Neri, poi si girò verso i cacciatori sbalorditi; il vecchio decrepito che avevano ascoltato fino a poco prima aveva lasciato il posto ad una donna dai lunghi capelli luminosi come le stelle. “ È il mezzo drago mettevi in posizione, i Monaci pagheranno bene per la sua testa!” la donna sorrise mentre dalla folta capigliatura si vedevano spuntare un paio di corna, la foresta risuonò del cozzare di spade e delle urla dei cacciatori. Rimase solo il ragazzo, non c’era più nessuno dei suoi compagni il mezzo drago aveva lanciato delle gocce di mercurio trasformatesi in lame affilate che avevano trapassato alcuni dei cacciatori, l’altra mano invece aveva cominciato a crescere fino a diventare enorme quasi come se fosse il guanto di un armatura per qualche essere mostruoso. L’unica cosa che sapeva era che, anche con quella roba sulla mano, il mezzo drago rimaneva veloce ed inafferrabile. Aveva visto i suoi compagni venir sgozzati davanti a lui, il mezzo drago saltava tra gli alberi o si faceva scudo con gli stessi cadaveri per parare i colpi. Qualcosa si mosse tra i rami dopodiché vide la donna avventarsi sopra di lui “Ti prego non uccidermi, non ti ho fatto niente! Ho ascoltato la tua storia, ti prego risparmiami” la donna rispose “Se avessi voluto ucciderti lo avrei già fatto, ora stai zitto e ascoltami. Per conoscere la storia dei giganti devi essere stato sicuramente uno dei Monaci, questo mi torna molto utile, torna al tempio e dì a quel vecchio del gran maestro che Quing Long sta venendo a spedire all’altro mondo lui e gli idioti di cui si è circondato” il ragazzo rispose quasi piangendo “Sono un reietto dei Monaci Neri mi hanno cacciato per essere contravvenuto alle regole, come pretendi che io riesca a farmi ascoltare da loro? Ti prego risparmiami e non mi vedrai mai più” il mezzo drago sorrise di nuovo “Non ti preoccupare ti ascolteranno, adesso stai fermo o farà solo più male” le mani del mezzo drago si illuminarono di un bagliore rosso “Aspetta non farlo!”. Le urla del ragazzo risuonarono per tutta la foresta.
Quing Long arrivò davanti l’entrata del tempio dopo essersi disfatta del comitato di benvenuto, un centinaio di prigionieri della catacombe dei Monaci Neri avevano provato prima a catturarla, poi a farla fuori e in fine a supplicarla di lasciarli vivere. Salì le scale che portavano all’ingresso principale, erano sporche del sangue e dei resti dei suoi assalitori, adesso il nero delle pietre magiche con cui era costruito l’edificio era diventato più gradevole agli occhi di Long. Sfondò il grande portone ed entrò dentro il tempio insieme ad un forte gelo, un gruppo di accoliti le si lanciò addosso ma erano troppo lenti e sprovveduti per essere una minaccia; spezzò i loro colli a mani nude. Superato anche il secondo comitato di accoglienza si diresse verso la sala delle cerimonie, i Monaci intonavano litanie mentre il Gran Maestro esortava i suoi a non perdersi d’animo, il mezzo drago non avrebbe potuto niente contro il loro potere. Stava finendo con la sua predica quando la sagoma di Long apparve davanti il grande ingresso della sala dei rituali. Il silenzio si impadronì dei presenti, la tensione saliva sempre di più ad ogni passo della donna verso i Monaci. Quing stava quasi per raggiungerli quando il Gran Maestro ruppe il silenzio rivolgendole la parola  “Come osi mezzo sangue! Come pensi di ripagarci per questo affronto! Cosa credi di poter fare adesso? Se non fosse stata la nostra volontà non saresti neanche riuscita a pensare di poter venire nel nostro sacro tempio! E ora tu ripaghi la nostra generosità versando il sangue dei nostri servi nella nostra dimora! Inchinati e fai ammenda per questa offesa, potremmo ravvederci sulla punizione da infliggerti!”
Quing Long aggrottò la fronte “Allora già iniziamo male, come prima cosa abbassiamo i toni, secondo mezzosangue ci chiami tua madre, terzo avete una cosa che mi appartiene se me la rendete vi prometto che non vi farò troppo male” i Monaci rimasero indifferenti e squadrarono dall’alto in basso Long  “Va bene allora parliamo d’altro, c’è per caso qualcuno che ha visto un umano, diciamo più un ragazzino alto come due sacchi di patate? Nessuno eh? Era nel gruppo dei cacciatori. No?  Sapete cosa sia un essere umano? Vi rinfresco la memoria: sono alti più o meno come voi, nascono crescono si riproducono e muoiono . Ecco il ragazzo che sto cercando sono pronta a giurare che non si sia mai riprodotto e ha una vistosa cicatrice sulla faccia, siete proprio sicuri che…” il Gran Maestro apostrofò il mezzo drago “Essere infimo le tue minacce non hanno alcun valore per noi, smetti di tormentare i nostri orecchi e prostrati!” Quing accolse con una smorfia di disgusto le parole del monaco e riprese il discorso “Stavo dicendo…” nel gruppo di monaci si aprì un varco alla fine del quale si poteva intravedere una figura alata incatenata e vestita di stracci “Come puoi notare tu stessa i Discendenti non hanno alcuna speranza contro di noi” disse il Gran Maestro. Long torno a parlare “Ok bene quella è la cosa che vi ho chiesto prima, ma il ragazzo siete sicuri di non averlo…” “Mezzosangue prostrati ed accogli il tuo supplizio” il mezzo drago accennò un sorriso “L’avete voluto voi” appena finì di pronunciare queste parole dalla testa di un monaco usci una lancia che volò nelle mani di Quing Long.
Le urla del Gran Maestro risuonavano per tutto il tempio, il suo corpo impalato era stato messo da Quing Long nell’ampio cortile, gli erano stati tagliati gli arti superiori ed inferiori mentre le palpebre erano state strappate. La lancia che lo trapassava dai genitali fino ad uscire sulla spalla non aveva colpito nessun organo vitale, la morte lo avrebbe raggiunto lentamente. L’uomo aveva però perso la ragione da molte ore. Dopo essere stato costretto a vedere i suoi confratelli brutalmente macellati dal mezzo drago, Long aveva avuto la premura di non spedire all’altro mondo i malcapitati prima di aver  fatto sperimentare loro le cime estreme della pazzia e del dolore. Tornò nella grande sala a parlare con la figura alata “Ehi tu coso, come ti chiami?” “Il mio nome è Phobos mia salvatrice” rispose l’essere con un filo di voce porgendo le mani ancora in catene, Long ci mise una mano sopra e  le ricoprì di mercurio tanto da farle diventare più pesanti poi si allontanò da esse creando un’altra catena con cui iniziò a trascinare la figura coperta di stracci. Phobos protestò “Cosa significa questo?!” “Significa che è ora di iniziare a camminare la pacchia è finita e dobbiamo allontanarci da qui” “Io ho delle ali possiamo spostarci volando così in catene ti servo a ben poco” Long strattonò Phobos tanto da farlo cadere dall’altare “Senti coso è il momento di iniziare a camminare e se parli ancora ti strappo le ali e te le infilo dove non batte il sole, intensi?” Phobos si alzò in piedi con molta fatica, lo scricchiolio delle sue ossa fecero sorridere la donna, i due iniziarono a camminare.
Dopo due settimane di marcia forzata alcuni cultisti attaccarono Long e Phobos vicino le sponde del fiume Ziguas, non erano degli sprovveduti come i Monaci Neri gli avevano seguiti per giorni ed avevano atteso che si fermassero per riposare prima di tentare un attacco dalla distanza usando delle balestre con frecce avvelenate. Dopo aver ucciso gli assalitori Long notò con disappunto che non  erano dei mercenari qualunque ma probabili membri di qualche gruppo particolare; il vestiario era più simili ad una divisa militare e ai tatuaggi erano di difficile interpretazione. Phobos si limitò a sorridere “Si può sapere cosa hai da ridere? Questi tizi avrebbero potuto farci fuori” l’essere vestito di stacci girò la testa e non rispose “Ehi ti sto rivolgendo la parola si può sapere perché non…  Prendi in giro? Vuoi dirmi che il motivo per cui non hai proferito parola per due settimane è per la minaccia che ti ho fatto?” Phobos non rispose, si aggiusto i capelli sporchi e girò la testa dall’altra parte. Quing incominciò ad innervosirsi “Senti razza di idiota o parli e ti faccio fuori!” Phobos si girò verso il mezzo drago “Non vogliono uccidere me, è te che vogliono morta” Quing si irritò ancora di più “ Bene grande saggio, vuole concedermi l’onore di spiegarmi il perché?” Phobos rispose con un sorriso glaciale “Perché io gli servo vivo tu no” Long frenò l’impulso di colpire il suo interlocutore “Dimmi quello che sai”  l’umanoide ricoperto di stacci sorrise di nuovo “Ma come? La grande Quing Long ha bisogno di un aiuto?” “Frena la lingua amico, continua a parlarmi in questo modo e ti strangolo” Phobos con uno sguardo truce in volto proseguì col discorso “Gli uomini che hai appena ucciso sono dei seguaci degli Occhi del Tempio, per quel che ti riguarda sono il gruppo che ha mandato i Monaci Neri a cercarti e ad invocare me. Gli occhi del tempio come molti altri hanno iniziato a cacciare i Discendenti degli Antichi, non si è ancora capito bene il perché, so che molti altri come noi sono braccati dagli umani e che le cose si fanno più complicate di giorno in giorno. Girano voci anche sul fatto che c’entrino in qualche modo le Porte Ancestrali e che ci siano interessi molto più grandi di quelli dei mortali” Long, visibilmente annoiata, riprese la marcia strattonando il suo prigioniero, Phobos però puntò i piedi e continuò a parlare “Ci inseguono anche Synne e Rikke” Long si fermò quasi pietrificata poi si voltò verso Phobos “Perché due Spiriti della Natura si dovrebbero preoccupare di noi?” Phobos guardò con aria malinconia le sua catene “Ci sono molte più cose in ballo di quello che sei disposta ad ammettere, la tua ricerca del Bakerot dovrà aspettare” “Come fai a sapere del  Bakerot?” “Un Discendente che si diletta nell’alchimia umana non sarebbe interessato ad uno dei libri più importanti di questa pratica mortale?” “Non mi sei mai piaciuto Phobos e queste tue ultime parole non aiutano a farmi cambiare idea, adesso muoviamoci dobbiamo cercare di seminare quei bastardi!”
Risalirono il corso del fiume e la fortuna volle che il vento facesse perdere le tracce dei due fuggitivi ai loro inseguitori, questo permetteva ai due di riposare durante la notte anche se di mattino in mattino dovevano alzarsi sempre prima e percorrere il fiume in modi  diversi per non essere intercettati da Synne e Rikke. Tutto questo durò per circa una settimana dopodiché i due smisero di scappare, si allontanarono dal fiume e si spostarono in una radura per prepararsi a combattere. Phobos sfinito si rivolse al mezzo drago “Liberami in catene posso fare ben poco per difendermi, togli questi ceppi che tormentano le mie ali” “Hai detto bene Phobos, ali, se ti tolgo queste catene tu potresti scappare via volando ed io rimarrei da sola, no ci tengo grazie” Phobos stava per replicare ma Long gli fermò le parole in gola “Sono settimane che non fai altro che lamentarti delle catene e del fatto che sei debole, hai avuto sempre lo stesso ritmo di marcia e ti sei riposato troppo poco per qualcuno nelle tue condizioni, potrai darla a bere agli umani ma io non mi faccio fregare tanto facilmente” intanto il rumore dell’arrivo degli assalitori fece calare il silenzio tra i due, presero posizione ed attesero. Alcune frecce cercarono di colpirli, le schivarono senza problemi, Phobos con molta più velocità di Long. Il ringhiare feroce di due bestie si fece sempre più vicino finché dalla boscaglia non uscirono due figure corazzate armate di strane lance, si sarebbe potuto scambiarle per due umani ma le facce da lupo fugavano ogni dubbio: si trovavano davanti Synne e Rikke , Spiriti della Natura, discendenti del Lupo Primordiale.
Long non perse tempo “Forza sacchi di pulci fatemi vedere se il sangue che vi scorre in corpo vale almeno la metà di quel che si dice” Rikke tese la lancia ma prima che potesse avventarsi contro il mezzo drago Synne prese la parola “Quing Long, discendente dei draghi antichi, lasciaci il tuo prigioniero e non ti accadrà nulla di troppo spiacevole” Long rispose a denti stretti “Fatti sotto Synne godrò quando laverò il mio corpo nel tuo sangue” poco dopo arrivarono i cultisti dell’Occhio del Tempio. Synne riprese la parola “Rikke con me, voi altri occupatevi del prigioniero”. Fu un attimo e la radura si trasformò in un’arena. Da un lato Phobos fronteggiava con estrema grazia e velocità un folto gruppo di uomini armati fino ai denti che cercavano di colpirlo, dall’altro Quing Long  si occupava degli Spiriti della Natura. I due lupi erano tanto uguali nell’aspetto quanto diversi nel modo di porsi in combattimento, Synne aveva una difesa impenetrabile dalla quale partivano pochi attacchi molto mirati, Rikke invece si scopriva sempre di più ma i suoi attacchi erano di una potenza devastante, non aveva bisogno di difendersi, qualsiasi avversario sarebbe stato troppo occupato a parare il colpo per non morire. Long era molto esperta di combattimenti e si limitò a schivare gli attacchi nel mentre che aspettava di trovare una falla nella loro difesa. L’occasione arrivò quando uno dei cultisti venne scaraventato da Phobos verso i lupi, questo fece infuriare Rikke  che con la sua lancia incominciò a menare colpi sempre più  forti lasciando il suo collo in bella mostra. Una svista fatale, la Discendente trasformò i suoi guanti magici in due enormi zampe di orso dagli artigli tanto affilati da tagliare via la testa di Rikke di netto. Synne si fermò un istante a contemplare la morte dello Spirito della Natura poi si avventò sul mezzo drago ringhiando e vibrando colpi poderosi, tanto da far tremare le stesse giunture delle ossa di Long, con un altro paio di colpi del genere sarebbe potuta solo soccombere. Il mezzo drago non aveva più energie e si stava preparando già a morire quando una freccia penetrò l’elmo di Sikke che cadde a terra ringhiando e contorcendosi in preda alle convulsioni. Quing alzò lo sguardo e vide Phobos buttare per terra una balestra presa in prestito da uno dei cadaveri che aveva intorno “Troppo lenta mezzo drago, troppo lenta”.
Quing provava rispetto per l’essere alato, sarà stato l’averle salvato la vita, l’essersi reso utile durante lo scontro, l’aver smesso di lamentarsi per le catene che lo legavano o un misto di queste tre cose, fatto sta che evitò di strattonarlo troppo durante il cammino verso la sorgente del fiume. Long aveva bisogno di un bagno ristoratore, incatenò Phobos ad un masso e cercò un buon posto dove lavarsi. Appoggiò i vestiti e lo zaino su dei rami vicino la sponda, gli avrebbe lavati più tardi, si immerse nel fiume portando con sé una scatola di unguenti, sapone, oli da bagno e profumi. Prima di lavarsi però si distese nel letto del fiume vicino a delle rocce, rimase alcuni istanti immobile lasciando che la corrente accarezzasse il suo corpo. I muscoli incominciarono a rilassarsi e la mente del mezzo droga si estraniò dai problemi dei giorni precedenti. L’unica cosa importante adesso era riposare il corpo e la mente, si toccò la fronte le bruciava un po’; durante lo scontro Sikke era quasi riuscita a farla fuori  ma grazie ai suoi riflessi se l’era cavata con un taglietto, nulla di grave al massimo avrebbe avuto una nuova cicatrice.
La quiete di Quing venne turbata da un movimento in mezzo ai cespugli, qualcosa non andava, cercò con gli occhi un riparo da poter utilizzare ma non vide niente, sentì un battito d’ali sopra di lei e prima che questo battito potesse avvicinarsi toccò l’acqua per farla evaporare generando così una foschia dalla temperatura elevatissima. Una voce le parlò dall’alto “Il mezzo drago non smette mai di stupirmi” era la voce di Phobos ma aveva qualcosa di diverso, Quing Long cercò di mantenere la calma e di cambiare posizione  per mettersi al riparo “ Per gli amici sono Yvonne Serri e noi due siamo amici, vero Phobos?” qualcuno si immerse nell’acqua, il mezzo drago rise “Idiota se pensi che mi faccia prendere così alla sprovvista non mi conosci, l’acqua non è alla temperatura ideale per voi uccellacci qui potrebbe starci solo un drago” un battito d’ali disperse la foschia ed apparve Phobos, ma non era più lo stesso essere che aveva strattonato in catene; l’aspetto gracile e malato aveva lasciato il posto ad un fisico scultoreo e forte, lo sguardo spento e vuoto ora comunicava potenza e timore, gli stessi stracci che lo vestivano sembravano diventati un ornamento. Phobos parlò di nuovo “O un drago o una fenice amica mia” Yvonne era senza parole, stanca per combattimento e peggio ancora disarmata , poteva solo aspettarsi il peggio dal suo ormai ex prigioniero. Phobos si avvicinò sempre di più a lei finché i loro corpi non i sfiorarono, poi la fenice tornò a parlare “Il tuo vapore mi ha fatto lacrimare gli occhi, in questo io ho molta più classe di te” prese una delle sue lacrime e la passò sulla frante di Long curandole la ferita all’instante. Phobos incominciò a spogliarsi lasciando che gli stracci fossero portati via dalla corrente, mise una mano sulla spalla di Quing e la sposto delicatamente, con l’altra mano prese la scatola degli unguenti. “Gli amici condividono tutto no?” Phobos si allontanò mettendosi al centro del letto del fiume, prese il sapone e fece per iniziare a lavarsi quando Yvonne recuperò la parola “Cosa hai intenzione di fare ?” “Un bagno mi pare più che ovvio” “E con quale sapone?” “Con quello che la mia amica Yvonnei mi ha prestato” “Se quella saponetta entra in contatto con i tuoi genitali ti faccio fuori” “A discapito di te sono un tipo pulito quindi…” “Quindi mi stai dicendo che vuoi essere evirato” “Bah io mi lavo” “Vieni qui bastardo!"
ILLUSTRAZIONECespi ☆

Commenti

Post più popolari