L’IDOLO DEL DESIDERIO by OBLOQUOR
La donna di servizio entrò nello studio privato di Ser Adrian come suo solito, nulla sembrava cambiato dal ritorno del padrone dalla sua spedizione in Nepal eccetto per una strana teca al centro della stanza: i vetri specchiati erano logorati dal tempo e lasciavano solo intravedere ciò che era al suo interno.
Prima che la donna potesse sfiorare lo strano oggetto venne presa di soprassalto a causa dell’arrivo del nobile “Buon giorno signorina Nesbit erano mesi che non ci incontravamo” “Buon giorno a lei padron Adrian sono lieta del suo ritorno a casa, com’è stato il suo viaggio in Nepal?” l’uomo sorrise in modo lascivo guardando la teca “Appassionante signorina Nesbit, un’esperienza fuori dal comune ora però la prego di uscire dal mio studio ho molto lavoro da fare”. I due si congedarono dopodiché Adrian si mise ad armeggiare con alcuni libri lasciati sul tavolo.
Da quando era tornato non era più lo stesso tutta la servitù della villa non faceva che parlare d’altro, sin da piccolo Adrian Storm si era interessato allo studio dei popoli esotici, che raramente avevano lasciato l’oscura tranquillità delle loro terre sconosciute per farsi illuminare dalla fame di conoscenza degli storici. Nel corso degli anni il giovane rampollo degli Storm si era imbattuto in una strana civiltà, cui facevano riferimento alcuni viaggiatori arabi dell’Undicesimo secolo spintisi oltre i confini indiani. I loro racconti parlavano di una popolazione rurale dedita all’ agricoltura e all’ allevamento che sotto questa apparente tranquillità nascondeva un culto abominevole, il quale trasformava i semplici contadini in individui spregevoli e assetati di sangue; non avevano bisogno di un esercito per difendersi, neanche il più folle tra i re avrebbe osato inimicarseli, e non commerciavano con nessuno, era la loro terra che si occupava di sostentarli. Questo benessere però aveva un prezzo, ogni anno infatti venivano estratti a sorte alcuni membri della comunità che venivano offerti in sacrificio al dio del culto oscuro, tuttavia se per la prima parte le testimonianze coincidevano tra loro lo stesso non poteva dirsi per le modalità in cui avvenivano il sacrificio. L’unico elemento ricorrente nei resoconti più antichi era un riferimento alla trasfigurazione dell’idolo, a seguito della quale il popolo si dava alla devastazione di tutta la regione montuosa.
Nessuno sapeva con certezza se tutto ciò fosse vero o una semplice leggenda finita quasi nel dimenticatoio, ma Adrian non si dette pace finché non riuscì ad organizzare una spedizione in Nepal dove passò più di nove mesi al freddo e al gelo. Durante l’esplorazione erano morti in circostanze misteriose 12 dei 30 uomini che componevano il seguito del nobile; tornato in patria deperito e con una ciocca di capelli bianchi, ben visibile sulla sua chioma nera, era corso nel suo studio insieme alla strana teca stretta tra le mani.
La signorina Nesbit rientrò nella stanza dove Adrian stava leggendo alcuni vecchi tomi per avvisarlo della cena, appena l’uomo la vide si dipinse sul suo volto un sorriso malato prima di alzarsi e prendere la donna tra le mani. “Clara vuoi vedere qualcosa fuori dal comune?” “Ma signorino così farà tardi, la signora madre la sta aspettando” “Non morirò di fame per un minuto di ritardo, su dai non farti pregare vieni qui “ e così facendo portò la donna davanti la teca “Preparati a vedere lo spettacolo più grande di tutto la tua vita” Adrian aprì la teca mostrando il suo contenuto a Clara: un enorme uovo nero sul quale spuntavano enormi venature scolpito nella pietra vulcanica con uno stile ed un’abilità fuori dal comune. L’angoscia e la paura pervasero la donna che a stento si trattenne dall’ urlare a pieni polmoni, Adrian richiuse subito la teca e fece promettere a Clara di non parlare a nessuno di quello che aveva visto.
Lo strano idolo pagano aveva però incuriosito Nesbit a tal punto che la notte stessa, mentre tutti dormivano, sgattaiolò dentro lo studio per aprire di nuovo la teca. La vista della scultura le provocò di nuovo terrore e angoscia ma non seppe resistere all’ impulso di toccare la strana superficie, allungò la mano e constatò come la scultura fosse estremamente morbida al tatto quasi quanto una gelatina. Esercitò un ulteriore pressione e la superficie dell’uovo andò in pezzi, sotto di essa un bambino dalla carnagione bianca come la neve incominciò a piangere fragorosamente. Clara era pietrificata dal terrore ma doveva fare qualcosa, il bambino con le sue urla avrebbe svegliato l’intera villa, cosa sarebbe successo se l’avessero scoperta? Cosa avrebbe fatto il padrone? E cosa ci faceva un bambino dentro l’idolo? Doveva farlo smettere di piangere poi avrebbe cercato una soluzione, prese tra le braccia il neonato e dallo studio non sentirono più rumori.
Il giorno successivo Adrian notò con piacere che l’idolo era al suo posto, intatto come lo aveva lasciato la sera precedente, di Clara Nesbit invece non c’era traccia. Nel pomeriggio la madre di Adrian ordinò ai servi di pulire il recinto dei cani da caccia dove, probabilmente, un gatto selvatico era entrato nella notte a giudicare dalla poltiglia rossa di cui erano sporchi i levrieri.
ILLUSTRAZIONE: Enio Dentale
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