THE AGENT #4: DEMOLITION DERBY

Quando andava alle superiori Earl faceva parte delle riserve della squadra di pallavolo, i suoi genitori erano contentissimi pensavano infatti che uno sport di squadra potesse fare solo bene al loro bambino. Non sapevano però che Earl ci era entrato per sbaglio, quel giorno uno degli inservienti lo aveva quasi beccato a fumare dentro i bagni della palestra, per non farsi prendere aveva scaricato le sigarette nel cesso ed era corso verso il primo gruppo di studenti che aveva visto: stavano per fare il provino per entrare in squadra, ed il caso volle che Earl quel giorno indossasse una tuta da ginnastica, tutti i suoi jeans e le felpe dei gruppi che ascoltava erano a lavare. Il provino andò male a tutti ma Earl venne selezionato comunque, dopo anni passati su Xvideos le sue braccia gli permettevano di fare battute devastanti per le ricezioni delle squadre del campionato scolastico. Quell’anno i Chester Wings, così si chiamava la squadra, riuscirono ad ottenere il miglior piazzamento in classifica di tutta la loro storia: arrivarono terz’ultimi. Di quell’anno Cooper ricordava solo le prese in giro da parte dei giocatori della squadra di football e gli allenamenti sempre uguali a cui doveva partecipare. Il loro allenatore, Mr. Simmons, era un ex giocatore professionista esaltato, varie accuse di molestie sessuali gli avevano stroncato la carriera, e diceva sempre le stesse cose “Ripetete l’azione! Dovete ripetere l’azione finché il movimento non diventa automatico! Ripetete l’azione! Solo così lo rifarete anche in partita! Ripetete l’azione!”. Erano passati anni ed ogni tanto la spalla gli dava qualche fastidio, ma alla fine Mr. Simmons aveva ragione: era così che aveva ucciso per la prima volta un uomo.
Earl era ancora sotto shock per quello che era successo, nella sua mente non faceva altro che rivivere gli istanti in cui aveva ucciso l’uomo che diceva di chiamarsi Jo. Il senso di colpa logorava giorno dopo giorno la sua sanità mentale, la mente viaggiava da sola ed immaginava un numero improponibile di scenari. In uno di questi Jo era un padre di famiglia costretto a partecipare al progetto Agent perché il suo stipendio da operaio non gli permetteva di vivere; in un altro Jo aveva un figlio malato di tumore che si sarebbe potuto salvare solo con i soldi che avrebbe ricevuto passando la prova finale; in un altro ancora Jo era divorziato ed i suoi figli volevano stare con lui ma non poteva tenerli perché la sua ex moglie gli aveva tolto tutto. Le cose peggioravano quando pensava all’altro uomo che aveva ucciso: Mike. Quel tipo sembrava essere una persona importante, forse era un dirigente di qualche azienda, il figlio di un miliardario o peggio un criminale immischiato con la criminalità organizzata. Lo avrebbero ucciso in carcere, forse avrebbero organizzato una finta rivolta e lo avrebbero accoltellato con una lama improvvisata. Aveva le ore contate, i giorni sembravano non passare mai, non usciva dalla sua cella neanche per mangiare. Per evitare di stare con gli altri arrivò addirittura ad aggredire una guardia, lo spedirono immediatamente in isolamento per sei settimane. Quando riaprirono la porta della cella si accorsero che Earl era steso a terra sporco di sangue, venne trasportato d’urgenza in infermeria.
Il resto del suo periodo di isolamento lo trascorse in un ospedale vicino Goldenhope, i medici rimasero attoniti nel constatare come Cooper non presentava lesione causate da atti di autolesionismo sul suo corpo. Earl era arrivato ad un livello di stress tale da aver incominciato a sudare sangue. Il direttore del penitenziario lo andava a trovare tutti i giorni, se Earl era ridotto a poco più di un vegetale Rumb era poco più di un’ombra; il suo lasciapassare per ritornare alla vita politica gli stava morendo davanti gli occhi, non poteva fare niente oltre a sfogarsi sulla capo sala che di tanto in tanto gli intimava di uscire dal reparto. I medici incominciarono a riempire di sedativi Earl inducendolo quasi al coma farmacologico, non riuscivano a trovare un modo per far smettere la sudorazione del sangue. Nel frattempo Cooper sognava o meglio viveva il suo incubo, nel sogno lui era tornato bambino e si stava lavando le mani in bagno, sua madre lo avvisava che la cena era in tavola. Le mani però rimanevano sporche, continuava a strofinarle con il sapone sempre più forte ma non cambiava niente. La madre intanto lo chiamava sempre più ad alta voce ma le mani rimanevano sporche, sentiva che qualcuno stava bussando alla porta del bagno e lui si sforzava di parlare ma la bocca non si apriva. La voce cambiava diventando profonda e cupa, come se lo stessero chiamando dall’Inferno. Il bussare si trasformava in una serie di colpi, qualcuno stava tentando di sfondare la porta. Earl non riusciva a smettere di lavarsi le mani, non poteva muovere dal lavandino. L’acqua si tingeva di rosso ed Earl vedeva le sue dita scarnificate, la porta tremava sempre di più sotto i colpi; una voce chiamava il suo nome urlando e lui non riusciva a smettere di lavarsi le mani, ormai ridotte a degli ammassi informi di ossa e carne, la porta andava in frantumi e tutto ricominciava da capo. Quella volta però si svegliò di soprassalto in un letto d’ospedale, davanti a lui c’erano due uomini.
Il direttore Rumb procastinava da settimane la visita degli agenti governativi, le aveva provate tutte: inventari della massima importanza, esercitazioni non programmate, corsi di aggiornamento fittizi e tanto altro. Ma alla fine aveva dovuto cedere, condusse uno degli agenti del governo nell’ospedale dove era ricoverata da settimane Eral; durante il viaggio dal penitenziario alla struttura ospedaliera il direttore si era offerto di guidare lui stesso la macchina, nel tentativo di prendere ulteriore tempo, ma l’agente aveva declinato l’offerta. Rumb era finit, Earl era finito in coma da tre giorni e i medici gli avevano detto che non era possibile sapere se o quando si sarebbe svegliato. Arrivati davanti il letto del detenuto lo spettacolo che si era ritrovato davanti era stato qualcosa di orripilante, il direttore non riusciva neanche a capacitarsi di come i medici si ostinassero a chiamare paziente quello che sembrava a tutti gli effetti un salma senza vita. L’agente del governo iniziò a parlare di qualcosa riguardante l’impossibilità di procedere con il progetto di reinserimento o qualcosa del genere, ma Rumb non lo stava ascoltando. Contemplava in silenzio il suo ennesimo fallimento, la sua carriera politica era più morta del detenuto che aveva davanti e non c’erano più speranze. Quando Cooper si alzò all’improvviso davanti i suoi occhi sbiancò in faccia e quasi svenne per lo spavento, prima di sedersi su un letto vicino però guardò l’agente governativo che subito si mise a parlare con il detenuto. Nelle ore che seguirono il direttore del penitenziario fu assistito dalla caposala mentre il colloquio tra Earl e l’agente proseguiva. Si riprese appena in tempo per essere avvisato di come il programma governativo sarebbe andato avanti, venne informato anche di un certo posto che si stava per liberare nell’amministrazione di Pasadina in California. L’orario delle visite finì proprio in quel momento e Rumb uscì sorridendo dall’ospedale, quella sera quando tornò a casa fece l’amore con sua moglie e nove mesi dopo ebbe un figlio, ma era del maestro di pilates di lei.
Una settimana dopo Earl ritornò a Goldenhope quasi sano come un pesce, il secondino che aveva aggredito era stato trasferito e a nessun carcerato venne permesso di fare domande sull’accaduto. Tutto questo lo doveva a Rumb, il direttore aveva messo in giro delle voci secondo le quali l’agente trasferito aveva picchiato Earl a sangue dopo aver perso la pazienza; come accade di solito in questi casi tutti hanno fatto quadrato intorno all’uomo con la divisa, e in men che non si dica si erano evitati processi e provvedimenti disciplinari. Cooper apprese la storia direttamente dal direttore che lo aveva convocato subito nel suo ufficio. Ma non era di questo che Rumb voleva parlare, l’unica cosa che gli interessava era evitare che il detenuto DS31704G non avesse ulteriori problemi. Earl venne informato dal direttore che a breve ci sarebbe stata l’incontro annuale tra i detenuti di Goldenhope e le carcerate St. Leonard, lui avrebbe dovuto incontrare alcune galeotte scelte appositamente da Rumb per l’occasione.
Il St. Leonard aveva la nomea di ospitare le donne più pazze ed instabili di tutto lo stato; non si parlava di semplici casalinghe frustrate che hanno ammazzato il marito ma di veri e propri casi psichiatrici: serial killer in attesa della pena di morte, vedove nere, terroriste appartenenti a gruppi estremisti di stampo femminista e altre ancora. Dopo che nei carceri vennero vietati i film il direttore Rumb decise di chiedere una mano al suo amico Mitchell, che da qualche anno dirigeva il sanatoria St. Leonard: entrambi avevano un problema con i detenuti, diventati sempre più intrattabili, ed entrambi non potevano andare avanti con pestaggi punitivi  sui soggetti più turbolenti. Da qui nacque l’idea di far incontrare gli occupanti dei due penitenziari e farli sfogare un po’ con lo sport più bello del mondo. Tutto era iniziato un paio di anni prima come un esperimento, i risultati furono incoraggianti: cinquanta detenuti di Goldenhope decisero di partecipare al progetto, mentre nel penitenziario di St. Leonard aderì la totalità delle carcerate. Dei cinquanta detenuti di Goldenhope sette furono evirati; venticinque accusarono di stupro più di trecento donne del St. Leonard comprese alcune guardie carcerarie; diciassette furono ricoverati in ospedale a causa di fratture multiple nella zona pelvica e Ian Ward, condannato all’egastolo per omicidio e spaccio internazionale, venne trasferito nel più vicino centro per cura di malattie psichiatriche. Una settimana dopo i medici dichiareranno Ward incapace di intendere e volere.
Earl era più che felice di partecipare ma c’era solo un piccolo problema, il giorno dell’incontro aveva il suo corso di scrittura creativa, e queste non sarebbe stato niente di che ma ci teneva a non fare brutta figura con Annie. Rumb era un uomo pratico ed annullò il corso per quel giorno, Cooper non ne sarebbe potuto essere più felice. L’ incontro però non fu proprio dei migliori, nonostante non avesse avuto rapporti con qualcuno che non fosse se stesso nel corso dell’ultimo anno: la prima carcerata con cui si incontrò si chiamava Anita Rodriguez, ex wrestler finita in carcere per possesso di sostanze stupefacenti, Anita era messicana ed una volta sinceratasi del fatto che Earl fosse americano lo fece svenire con una delle sue famose prese di sottomissione. Una volta rinvenuto Cooper vide Anita che si stava rivestendo, lui non lo sapeva ma nove mesi dopo la donna avrebbe partorito un bel bambino con il quale sarebbe tornata in Messicco evitando di scontar per intero la sua pena. Il bambino si chiamerà Raul, ma tutto il Sud America lo conoscerà con il suo nome d’arte, Ramona Chavez, uno tra i più famosi travestiti dei film a luci rosse di serie b. Morirà a ventisette anni, come tutti i grandi artisti, a causa di una partita di ecstasi tagliata male. La seconda invece rese tutta la situazione molto più imbarazzante, Kala Beals, un’afroamericana ex autista di pullman incarcerata a St. Leonard per evasione fiscale; il marito era scappato in Canada con un altra donna e Kala doveva badare ai suoi due bambini. Riuscì a tirare avanti per tre anni facendo i salti mortali, quando le pignorarono l’appartamento finendo nelle casa popolari lavorava già come escort in un agenzia per sbarcare il lunario. Fu allora che incominciò ad evadere le tasse, un anno dopo finì dentro a seguito di un blitz della polizia federale per una serie di crimini riguardanti i suoi datori di lavoro; aveva un bravo avvocato e l’accusa di prostituzione ed associazione a delinquere decaddero. Durante l’amplesso non voleva essere toccata, precisando più volte di essere lì solo per sfogarsi, quando finirono tutti e due lei pianse qualche lacrima poi si rivestì e se ne andò. Arrivati alla terza detenuta Earl aveva solo voglia di andare nella sua cella e sperare che un infarto lo portasse all’altro mondo, fortunatamente incontrò Gloria Morris, la tipica donna del St. Leonard: carina, simpatica ed esperta al punto. Sarebbe stata la donna perfetta se non fosse per l’omicidio dell’intera famiglia del ex ragazzo e il suo essere fissata con il contatto visivo, Earl poteva sopportare tutto ma dover fissare dritto negli occhi per mezz’ora una donna senza poter distogliere mai lo sguardo era troppo. Quando finirono lei incominciò a blaterare cose senza senso “Sai è stato proprio bello, se vuoi il prossimo anno possiamo rivederci” Earl si limitò ad annuire con la testa mentre si rivestiva in tutta fretta, Gloria continuò “Io sono Gloria Morris, tu invece come ti chiami?” Cooper cercò di farsi venire in mente un nome falso credibile “Piacere Max Smith” “Ma sulla targhetta della tuta c’è scritto Earl Cooper” fottuto programma di riabilitazione del governo a questo punto facevano prima a dargli anche le mutande personalizzate, Earl pensò ad una scusa plausibile “No hanno sbagliato in lavanderia sta mattina” e detto questo uscì dalla stanza, era riuscito a scamparla anche questa volta come solo lui sapeva fare: male.
Frank e Brad vennero a prelevarlo dal penitenziario con le stesse modalità delle altre volte: sacchetto in testa e viaggio in macchina nel portabagagli. Anche questa volta Diana non gli risparmiò tutta una serie di commenti che avrebbero fatto suicidare un adolescente all’istante, ma lui non si scompose; se l’era vista brutta ma per quanto potesse essere sceso in basso era tornato a galla in un modo o nell’altro. Iniziò subito con l’addestramento per riprendere il tono muscolare e ritornare velocemente in forma, gli ci volle solo una settimana. Riuscì a vedere una certa approvazione anche nello sguardo di Lee, ce la stava facendo. Tutto sembrava andare bene e non poteva proprio lamentarsi, se non fosse per i vari colloqui che ebbe con l’agente Jacob Gray, l’uomo che lo aveva minacciato all’inizio del progetto Agent aveva finalmente un’identità. Gray era venuto a trovarlo più volte durante la sua degenza in ospedale, era stato lui a dirgli che il Governo erano pronti ad investire su di lui, ma per farlo c’era bisogno di alcune garanzie: doveva scordarsi di avere eventuali crolli come quello da cui si era appena ripreso e di continuare ad andare fuori forma ogni volta che abbandonava il progetto per ritornare nel penitenziario. Cooper capì di non poter rifiutare la proposta quando Jacob fece riferimento ad alcuni dossier che stavano venendo fuori sul suo passato. Ormai era dentro fino al collo e cosa peggiore adesso era un detenuto, nessuno si sarebbe lamentato della sua scomparsa. Come quando si era trovato dentro il poligono decise di non voler finire dentro una sacca per cadaveri prima del tempo; Jo e Mike divennero di conseguenze solo due nomi che Earl sapeva di non dover pronunciare, così avrebbe evitato i brutti ricordi come faceva con molte cose del suo passato.
Durante l’ennesima giornata di allenamento Diana gli comunicò come il suo addestramento si sarebbe concentrato su altro: guida di veicoli. Lee ed Earl andarono poco fuori la struttura dove erano presenti un numero spropositato di auto usate ed un piccolo circuito ad ostacoli, gli esercizi delle prossime settimane si sarebbero svolti in quel circuito, e se non fosse morto avrebbe dovuto sostenere una nuova prova finale. Nulla di troppo complicato se non fosse per un piccolo ma importante problema: Earl non aveva la più pallida idea di come si guidava una macchina, figuriamoci esercitarsi su un percorso ad ostacoli. Per la prima volta vide Diana diventare pallida come un lenzuolo, proprio durante la sua prima lezione di guida Earl aveva perso il controllo di una vecchia ford; Dio solo sapeva come non si fosse andato a schiantare, nel tentativo disperato di arrestare la corsa della macchina, aveva staccato di netto la leva del freno a mano. Nel giro di due settimane riuscì a diventare abbastanza bravo da accendere la macchina e non schiantarsi nello stesso momento, fu allora che la sua istruttrice decise che ne aveva avuto abbastanza e preferì insegnare a Cooper un po’ di combattimento all’arma bianca. Gli allenamenti erano lunghi ed estenuanti, la cosa peggiore era che non rischiava neanche di morire; Diana era così esperta nel combattimento che riusciva a far soffrire Earl senza farlo svenire dal dolore, ogni sessione di allenamento durava in media dai trenta ai quarantacinque minuti e superata la prima parte in cui il detenuto provava a tirare qualche cazzotto il resto del tempo rimaneva steso a terra cercando di proteggersi il basso ventre dai calci di Lee.
Alla fine di uno dei loro allenamenti Diana si prese la briga di spiegare a Cooper quello che avrebbe dovuto fare durante la prova “Allora cowboy questa volta ti trasformerai in un attore” il detenuto cercò di contrarre il viso in una smorfia, ma il dolore era troppo quindi si limitò a domandare spiegazioni. La risposta che ricevette aveva dell’incredibile “Tra due giorni ti portiamo nel deserto del Mojave perché devi fare la comparsa in uno snuff movie” Earl rimase senza parole e continuò a fissare Lee che non si scompose “Non ti preoccupare siete coperti da gente che sta molto in alto, alcuni pezzi grossi in California hanno bisogno di vedere qualcosa di nuovo ed hanno pagato il nostro silenzio” questa volta Cooper provò a fare un discorso di senso compiuto “Mi stai prendendo per il culo?” Diana fulminò il detenuto “Tieni a freno la lingua cowboy o ti faccio sentire di nuovo com’è comodo il terreno, hanno bisogno di una comparsa e noi gli daremo una comparsa” “Si può sapere almeno di che genere di film stiamo parlando?” Diana sorrise in modo sardonico “Hai mai visto Mad Max?” “Non lo conosco” Lee rise.
Due giorni dopo Earl si trovava in posto sperduto nel deserto del Mojave insieme alle sue due guardie del corpo: Frank e Brad. Il set del film era stato allestito vicino ad una vecchia riproduzione di una cittadina americana, realizzata durante la Guerra Fredda per un test nucleare poi annullato per motivi sconosciuti. Da quello che riuscì a capire nel corso delle tre settimane di riprese il film era su una civiltà post nucleare governata da un tiranno chiamato la Civetta, come tutti i tiranni il tipo aveva fatto il passo più lungo della gamba pestando i piedi al buono di turno che quindi aveva organizzato una resistenza armata. Il tutto era condito da stupri, omicidi ed un quantitativo stucchevole di pelle e borchie; ad Earl sembrava di essere in uno di quei fumetti che leggeva alle superiori, fece addirittura amicizia con uno dei costumisti. Si chiamava Alfons e veniva dall’Olanda, più che un costumista lui era un consulente; ad Amsterdam gestiva un sexy shop specializzato in articoli per il BDSM e body rope art. Oltre a lui aveva conosciuto anche i suoi colleghi attori: i buoni erano capitanati da un certo Chad, ex giocatore di football semiprofessionistico, quelli che lo circondavamo venivano dal mondo dello sport ed erano stati tutti squalificati a vita per questioni di doping. I cattivi, di cui faceva parte, erano guidati dalla triade : Ronin, Cage e Zippo: Ronin era era un killer della Yakuza che aveva deciso di uscire fuori dal giro per dedicarsi alla sua passione di fare a pezzi la gente. Cage invece era un veterano della guerra in Iraq, il suo corpo era ricoperto da bendaggi che spesso dovevano essere cambiati e gli mancava parte di una gamba. Era diventato quello che era oggi dopo un attacco a sorpresa durante un turno di guardia, tornato in patria il Governo si rifiutò di coprire per intero le spese mediche e così dovette reinventarsi; si vantava spesso della sua protesi non solo per essersela costruita da solo, ma anche perché faceva da contenitore per la sua vecchia pistola di quando era in servizio in Iraq. Zippo invece era un programmatore della Silicon Valley, l’azienda che lo aveva assunto gli rubò la classica idea che ti capita una sola volta nella vita e lui non la prese bene; diventò un piromane iniziando con il bruciare vivo il tizio che lo aveva licenziato. Nonostante il loro passato erano tra le persone più buone con cui Earl ebbe modo di parlare, furono loro che lo tennero in vita durante le tre settimane di riprese prima della scena di combattimento finale. Grazie ai loro consigli infatti evitò di commettere i classici eroi da principianti durante i combattimenti nell’arena, questi si svolgevano a bordo di vecchie auto modificate per l’occasione.
Il giorno dell’ultimo sconto la tensione era alle stelle, fino a quel momento erano morte più di trenta persone tra squadre, attori e comparse. Earl non aveva mai visto tanta violenza, ma non era rimasto con le mani in mano, forse non era come Ronin che correndo su una kawaski mentre tagliava qualsiasi cosa fosse alla portata della sua katana, tanto meno era come Zippo che dall’inizio delle riprese si muoveva su una vecchia autocisterna che sparava fuoco al posto dell’acqua. Il suo stile era più simile a quello di Cage: auto sportiva, corsa veloce ed arma bianca per gli scontri ravvicinati. Il veterano dell’Iraq si divertiva a sfrecciare nell’arena con una Dodge Charger armato di mazza ferrata, l’aveva ricavata saldando dei dissuasori per uccelli ad un piede di porco; Earl non era da meno con la sua Camaro rattoppata ed un machete per tutti quelli che provavano ad avvicinarsi. Quando iniziò il combattimento i buoni erano quasi il doppio dei cattivi, la maggior parte delle comparse che combattevano per il tiranno infatti erano morte nei giorni precedenti o stavano per farlo, la triade però non si scompose e Cage pensò di fare anche un discorso motivazionale “Allora banda di stronzi rotti in culo, quelle checche sotto steroidi hanno ammazzato più della metà dei vostri perché le teste di cazzo come voi non posso fare a meno di morire. Va bene così! Oggi però cercate di crepare portando con voi il maggior numero di quei rotti in culo. Sulle macchine e nessuna pietà!”
Le comparse come Earl erano vestite tutte uguali: tuta nera militare, casco integrale, anfibi ed arma bianca a scelta. La sceneggiatura prevedeva che i campioni dei due schieramenti si sfidassero al centro dell’arena, mentre intorno a loro le comparse si sarebbero massacrate tra di loro. Dopo la prima mezz’ora quasi tutte le comparse della sua squadra non avevano più una macchina o erano morte, Zippo era esploso con la sua autocisterna ripiena di cherosene; le fiamme avevano investito anche una squadra di operatori che ora si contorcevano a terra. Earl dal canto suo sembra essere nato per partecipare ai demolition derby: con la sua Camaro aveva già speronato diverse auto rendendole inservibili, al momento era inseguito da una Cobra 427 e una Jaguar E-Type. A Cooper dispiacque tantissimo per la Jaguar, sopratutto quando riuscì a far fare un frontale ai conducenti delle due auto; il rumore sordo dei colli che si spezzavano si era sentito distintamente, per festeggiare la sua vittoria Earl si sfogò con un delicato “Fanculo stronzi figli di puttana ci vediamo all’inferno!” dopodiché venne fatto ribaltare da un furgone della Mercedes, alla guida c’era Chad. Uscì velocemente dalla macchina e prese il machete mentre ancora zoppicava, quasi tutti quelli che non avevano più un veicolo si stava sgozzando in giro per l’arena, e lui non voleva un buco in pancia aperto da qualche stronzo. Quasi tutti erano menomati in qualche modo, solo un terminator sarebbe potuto uscire illeso da un’incidente in macchina; Earl uccise sicuramente qualche personaggio importante durante uno dei tanti scontri, sentì uno degli sceneggiatori imprecare ad alta voce quando estrasse il suo machete dalla cassa toracica di ragazzo dai capelli lunghi e biondi.
Earl rimase l’unica comparsa ancora in vita mentre Ronin venne disarcionato dalla Kawasaki dopo uno scontro con un Hammer, avrebbe potuto farcela ma un pick-up gli schiacciò la testa subito dopo. Cage si occupò di vendicare il compagno per poi scontrarsi a tutta velocità contro Chad, i due persero il controllo dei rispettivi mezzi e Cage arrivò a ribaltarsi con la macchina non lontano da dove si trovava Cooper. La comparsa corse verso il compagno ferito; Earl trovò Cage con la gamba buona schiacciata dalla carcassa dell’auto “Cage che cazzo fai! Dai aiutami che quel figlio di puttana sta venendo a prenderti dobbiamo andarcene da qui!” il veterano sorrise, alcune bende si erano strappate lasciando intravedere il volto deturpato “Ragazzo non fare la checca e sganciami la protesi” disse Cage quasi bisbigliando “Che cazzo hai in testa dobbiamo” l’ex militare lo stoppò immediatamente “Senti stronzetto abbassa la voce e sganciami la protesi, adesso ti dico quello che devi fare”. Earl seguì le istruzioni e sganciata la gamba artificiale aprì un piccolo vano porta oggetti, dentro ci trovò una pistola dieci millimetri modificata “La tenevo per un’occasione speciale, la sai usare?” Earl annuì con la testa “Bene allora sappi che ha un solo colpo non mi deludere” disse Cage sorridendo.
Era un momento delicato ed Earl non riusciva a smettere di tremare, il rumore dei passi incerti di Chad erano sempre più vicini, non poteva commettere neanche il più piccolo errore altrimenti poteva prendere la pistola e spararsi direttamente. Sentiva la testa pulsare con lo stesso ritmo dei battiti del cuore e non era piacevole, la gamba destra era messa male e sicuramente non avrebbe potuto correre, il sole di mezzogiorno gli bruciava la fronte riscaldando ancora di più la carrozzeria della Dodge. Chad continuava ad avanzare, se non riusciva a capire da quale lato doveva sparare Earl era bello che morto, un riflesso lo accecò per alcuni attimi: lo specchietto retrovisore di una Aston Martin stava riflettendogli contro la luce del sole, guardò meglio e video il riflesso di Chad che camminava barcollando stringendo tra le mani un martello da demolizione. Earl provò ad alzarsi, ma il corpo non rispondeva , tolse la sicura ed incrociò lo sguardo di Cage; adesso poteva solo aspettare che Chad si avvicinasse. A pochi passi dalla Charger entrambi potevano sentire il respiro affannoso dell’uomo, Cooper poteva addirittura vedere l’ombra del ex giocatore di football crescere in modo minaccio sul terreno. Alzò il braccio per quel poco che poteva ed aspettò nonostante lo sforzo gli costasse una fatica immane, appena vide il faccione di Chad il detenuto sparò l’unico colpo della dieci millimetri. Un boato di urla ed applausi esplose dagli spalti, Cage ed Earl erano ancora vivi e vennero trasportati d’urgenza in un ospedale da campo improvvisato; il resto della truppe proseguì con le ultime riprese del film la cui prima si tenne al Bohemian Grove in luglio: fu un successone.
Earl se la cavò con un paio di punti e l’obbligo categorico di fare tanta ginnastica riabilitativa, per Cage invece la situazione era più complicata: a causa dell’incidente avevano dovuto amputargli la gamba buona che aveva, durante l’intervento aveva perso molto sangue e non si riusciva a trovare un gruppo sanguigno compatibile, le possibilità che superasse la notte erano prossime allo zero. La truppe quella sera diede una festa per la fine delle riprese, Alfons ed Earl bevvero fino a star male, neanche il consulente se l’era vista bella in quei giorni: non aveva fatto altro che curare gli oggetti di scena per gli stupri ripresi dal vivo, non ne andava fiero ma aveva bisogno di soldi. Dopo che entrambi ebbero vomitato Alfons tornò a parlare ad Earl “Senti bello, conosco Cage da un paio d’anni e so per certo che se mai non dovesse morire questa sera si ritroverebbe attacco a delle macchine anche per pisciare, Cage mi ha detto di darti questo in caso le cose si fossero messe male, vagliele a portare io non mi reggo più in piedi” detto questo consegnò ad Earl un pacchetto di carta che produceva uno strano suono metallico, dopodiché si sdraiò a terra cercando di dormire. Cooper si diresse verso l’ospedale improvvisato.
Una volta entrato dentro la struttura, ricavata assemblando alla bene e meglio un paio di prefabbricati e delle tende da campo, si diresse verso il letto di Cage con il pacchetto in mano. Grazie alla festa non sembrava esserci nessuno a sorvegliare i pazienti e quindi non ebbe problemi ad entrare se non il suo barcollare a causa dell’alcol. Fermatosi proprio davanti il letto del veterano si prese alcuni attimi per riprendere fiato ed aprire il pacchetto che aveva tintinnato per tutto il tragitto, ci inserì dentro la mano per tastare cosa fosse e la ritirò fuori subito dopo: era pieno di lamette. Earl sbianco all’istante e guardò Cage disteso sul letto, non era messo per niente bene e probabilmente gli avevano anche indotto un coma farmacologico; come se non bastasse sentì i passi di qualcuno che si avvicinava, probabilmente un infermiere o un guardiano, andò nel pallone non aveva la più pallida idea di quello che doveva fare. Doveva scappare o prendere le lamette e tagliare i polsi a Cage? Per quale assurdo motivo Alfons lo aveva mandato li? Mentre pensava tutto questo sentì il pacchetto scivolargli dalle mali, trasalì di nuovo facendo rumore: Cage si era alzato e gli aveva preso dalle mani le lamette poi si era ridisteso sul letto e lo aveva salutato con un sorriso sardonico. Prima che Earl potesse dire qualcosa un infermiere enorme lo prese di peso per sbatterlo fuori. Il giorno dopo trovarono il cadavere di Cage in una pozza di sangue.
Dopo essere stato cacciato in malo modo Earl era di nuovo fuori, intorno a lui le persone stavano ancora festeggiando e la cosa sarebbe durata sicuramente fino a tarda notte. Si distese per terra ed incominciò a pensare a quello che aveva visto nei giorni precedenti, fu proprio in quel momento che prese coscienza di come aveva vissuto il tutto in modo così superficiale; una volta si faceva problemi per avere ucciso due persone mentre adesso non batteva ciglio neanche davanti un uomo che gli chiedeva pietà in ginocchio. Tutto sembrava così normale, così spontaneo e perché no anche piacevole, l’unica cosa che gli dispiaceva era di non pensare veramente a quello che aveva fatto. Forse era così che doveva andare, forse era questa la chiave della felicità: uccidere e non pensarci troppo. Negli ultimi attimi in cui era ancora sveglio vide Frank e Brad venirgli incontro per alzarlo di peso da terra “Hei Hollywood facciamoci una foto!” aveva detto Frank “Guarda è ancora sporco di sangue, su su mettiamoci in posa” aveva replicato Brad, Earl venne accecato dalla luce del flash, non ricordava altro quando si svegliò il giorno dopo .
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