THE AGENT#8: ANIMAL I HAVE BECAME
Earl era disteso su un letto in stato catatonico, i suoi movimenti si limitavano al respirare e a sbattere le palpebre, il corpo era lì ma la mente vagava altrove; davanti gli occhi non faceva altro che vedere continui flash della sua vita, i ricordi dell’infanzia si mischiavano con i fatti degli ultimi giorni e non aveva la più pallida idea di cosa sarebbe successo. Più il tempo passava e più pensava che sarebbe morto da un momento all’altro, i flash adesso erano accompagnati da fitte insopportabili al torace e all’addome. Si fece tutto buio, sentiva di muovere gli occhi facendoli roteare ma non vedeva niente, forse era diventato cieco o forse era morto, intorno c’era solo buio, se l’aspettava diverso l’inferno. Il suono di una sirena lo svegliò di soprassalto, gli occhi gli facevano male ed il cuore gli batteva a mille, si alzò molto lentamente dal letto credendo di sentire ancora quelle fitte insopportabili, ma era quasi come se fossero scomparse. La stanza in cui si trovava aveva le pareti grigio lucido, delle luci al neon rischiaravano l’ambiente e vicino a quella che sembrava una porta blindata c’era un piccolo tavolo in metallo incassato nel muro, non vedeva sedie, che avrebbe dovuto farci con un tavolo senza una sedia? Cooper era sempre più arrabbiato “Dove cazzo mi trovo!” urlò sentendo la sua voce rimbombare, ma non ricevette risposta. Urlò di nuovo, questa volta con voce ancora più alta, allora sentì un ticchettio provenire da uno dei muri, dopo qualche minuto la porta della sua cella si aprì ed entrarono due militari armati “Seguici senza fare storie e non ti succederà niente” Earl alzò le mani d’istinto ma si fermò, non erano poliziotti se lo avessero voluto morto non si sarebbero sprecati così tanto da dargli un letto. Li seguì dentro una specie di spogliatoio dove gli venne fornita una nuova divisa, solo in quel momento si accorse di come stesse ancora indossando i vestiti della prova di sopravvivenza, si cambiò senza fretta e proseguì lungo un corridoio dalle pareti bianche e la moquette blu.
Alla fine del corridoio prese un ascensore per poi essere condotto in un grande salone: il posto era enorme, le pareti erano ritornate grigie mentre la moquette aveva lasciato il posto ad una specie di enorme lastra di plastica rinforzata; i rumori erano attutiti in modo irreale ma la sua attenzione era stata catturata da una serie di uffici che si estendevano a perdita d’occhio davanti a lui. Avevano quasi tutti una forma a cubo, come tante piccole stanze circondate da quei vetri trasparenti con delle zone oscurate; Cooper gli aveva sempre visti negli ospedali e li trovava odiosi, sembravano la cosa più idiota del mondo eppure quanto ti avvicinavi per vedere chi c’era dall’altra parte riuscivi a distinguere solo una forma vagamente simile ad una persona, a meno che non ti piegavi nelle zone in cui il vetro non era oscurato, in quel caso però ti saresti dovuto far vedere anche tu da chi volevi spiare. Prima di essere fatto accomodare in uno dei cubi notò che ai lati della stanza c’erano delle passerelle su cui dei militari parlavano ad alcuni agenti governativi, la cosa fu alquanto singolare, non per la situazione in sé, ma perché gli era parso di vedere un generale dall’aria annoiata parlare con quello che sembrava essere un nerd uscito fuori da un film degli anni “80. Una volta dentro un altro militare, forse un sergente, lo accolse con strafottenza “Alla buon’ora, la principessa ci onora della sua presenza finalmente! Che cazzo ci fai ancora lì imbambolato? Entra!” Cooper prese posto all’unica sedia libera che era rimasta, sulle altre sedevano tre persone a cui non prestò molta attenzione, poi l’uomo ritornò a parlare “Allora signorine, il governo vuole che usiamo voi teste di cazzo per eseguire un’operazione della massima importanza, stiamo parlando di sicurezza nazionale, quindi non voglio che facciate scherzi. Il vostro fottuto progetto ha un problema, sospettiamo che alcuni dei vostri istruttori abbiano la gola profonda e il governo degli Stati Uniti non tollera i traditori” detto questo il sergente prese un telecomando ed accese un proiettore, subito dopo vennero mostrati i volti degli istruttori in questione: Michael Axelson, ex S.E.A.L., uomo, caucasico, trentaquattro anni, occhi castani, capelli corti neri e nessun segno particolare. La sua faccia sembrava un teschio a cui avevano attaccato un po’ di pelle alla bene e meglio, se non fosse stato per i capelli sarebbe potuto essere un ottimo manichino per studiare anatomia, gli occhi cerchiati dalle occhiaie lo facevano sembrare un serial killer; Corey Ponder, ex forze speciali, uomo, caucasico, trentasette anni, occhi azzurri, capelli castani corti e radi anche lui senza nessun segno particolare. I baffi folti a manubrio e la carnagione tendente al rossastro lo rendevano perfetto per lavorare in qualche impresa edile o fonderia, doveva essere uno di quelli arruolatisi dopo l’undici settembre quando, bevendo la sesta lattina di birra, aveva pensato che anche se non aveva la minima idea di dove si trovasse l’Afghanistan doveva andare lì e far vedere a quei terroristi cosa succede quando te la prendi con l’America; George Cheney, ex marine, uomo, caucasico, trentatré anni, occhi verdi, capelli lunghi sul biondo ed un tatuaggio sul braccio sinistro raffigurante la bandiera confederata. Quella sottospecie di Gesù con la barba incolta e l’espressione tranquilla doveva avere qualche problema molto grave, probabilmente era dell’Alabama, forse un giorno sua cugina aveva rotto con lui e si era arruolato per dimenticarla, ma non bisogna mai fidarsi delle persone troppo tranquille, sopratutto quando si tatuano la bandiera confederata; Alice Carrol, ex C.I.A., donna, caucasica, trentotto anni, occhi azzurri, capelli neri corti e nessun segno particolare. Earl conosceva perfettamente il volto della donna ma il nome era sbagliato: quella era Diana.
Gli vennero consegnati i fascicoli degli istruttori dopodiché li lasciarono soli in modo da potersi conoscere, si presentarono tutti con un nome falso, ormai sapevano cosa volesse dire essere nel progetto Agent. In questo modo Earl conobbe Saturn, un ragazzo di colore sui venti molto socievole e, probabilmente, anche il suo vicino di cella dato che non aveva fatto altro che lamentarsi di come nella stanza accanto alla sua un idiota non facesse altro che urlare; poi arrivò la volta di Claymore una donna ispanica un po’ acida e altezzosa ma niente di cui preoccuparsi; per ultimo si presentò X, loquace quanto un ventilatore spento, scorbutico come un orso e palese imitazione mal riuscita di Riddick; Cooper preferì presentarsi come Kurt ma rimase in disparte mentre gli altri iniziarono subito a commentare i vari fascicoli. Loro non conoscevano nessuno degli istruttori o almeno così sembrava. Venne di nuovo scortato nella sua stanza, questa volta portando alcune scatole contenenti altro materiale da studiare, aveva le braccia un po’ indolenzite quando si sedette sul letto, notò che adesso aveva anche una sedia in metallo, una di quelle che quando le trascini fanno un rumore allucinante ma pur sempre una sedia. Provò ad aprire i fascicoli cercando quello di Diana, alcune informazioni erano censurate, forse mettendo i fogli in controluce sarebbe riuscito anche a capire cosa c’era scritto sotto le frasi ricoperte dal nero, ma alla fine che senso aveva? Rimise il fascicolo a posto e si buttò sul letto, era scomodo e non riusciva a prendere sonno, pensò a Diana: come poteva chiamarsi Alice, era un nome del cazzo, non che questo cambiasse qualcosa, rimaneva la peggiore stronza con cui avesse avuto a che fare in tutta la sua vita, ma non poteva ucciderla. Aveva già ammazzato qualcuno ma sempre con un motivo valido o per lo meno un buona incazzatura.
Non poteva fare lo stesso a Diana, lei l’aveva formato per farlo diventare la macchina da guerra che era adesso, aveva ricevuto da lei consigli utili e sopratutto era grazie a lei che aveva incominciato a guidare; ormai era diventata come una sorella, forse una sorella stronza con cui eviti di parlare ma pur sempre un membro della famiglia, e se fosse un test? Se lo facessero per testare la sua fedeltà? Oppure peggio ancora, lo avevano rapito, forse nel governo i vari gruppi non vanno d’accordo e quando devono regolare i conti fanno così, dopotutto per quel che ne sapeva poteva anche trovarsi negli States come in qualsiasi altra parte nel mondo, perché no? Anche in Australia. Oppure la verità era che questa gente non guarda in faccia a nessuno, forse Diana aveva calpestato i piedi alla persona sbagliata o forse l’avevano semplicemente incastrata, come avevano fatto con lui del resto. Non poteva esserne sicuro ma credeva di averci preso in pieno, poi pensò al fatto che avrebbe potuto fare qualcosa per salvarla, e come questo gli sarebbe costato come minimo una condanna morte. Riflettendoci meglio non era poi così amico di Diana, o meglio, di Alice. Non era fiero di questo pensiero ma solo lui poteva capire quanto fosse sincero, cazzo lui ammazzava la gente per conto degli Stati Uniti, non era un lavoro semplice ma comunque doveva farlo. Si distese di nuovo sul letto, era più tranquillo, chiuse gli occhi e dormì finché la sirena non lo svegliò il giorno dopo.
Scortato di nuovo nel cubo di plastica del giorno prima, lui e gli altri membri del gruppo vennero presentati ad un certo Ashim, l’uomo parlava inglese con un forte accento arabo, la cosa non era un problema per Earl, non aveva niente contro gli arabi, ma odiava a morte i tassisti, e quello che aveva davanti sembrava molto simile ad un bastardo che aveva incontrato a New York qualche anno prima. Non era stato proprio un viaggio di piacere, faceva il corriere per della merce molto importante, doveva arrivare in California ma non uscì neanche fuori dalla Grande Mela. Dopo pochi chilometri infatti il muso della sua vecchia Ford era stato distrutto da un taxi che non aveva rispettato un semaforo, inutile dire come andò tutto a puttane. La verità era che Ashim si trovava veramente su quel taxi, ma quello non era un normale taxi rubato, quello era il mezzo con cui il buon Allah aveva deciso di salvare la sua vita: non potendo rintracciare il conducente della Ford gli agenti incominciarono a fare domande ad Ashim, privo di un regolare permesso di soggiorno, con un taxi rubato ed un cugino che voleva farlo entrare in una cellula terroristica di Al Qaida con base a New York. Quel giorno Ashim decise di passare dalla parte degli americani, grazie a lui vennero sventati decine di attentati, questo gli permise di diventare un consulente speciale agli occhi del Governo per cui ogni tanto svolgeva dei lavori sottobanco. Il consulente gli introdusse alla missione a cui erano stati assegnati, il nome in codice era Animal ma non aveva niente a che fare con la canzone di Martin Garrix, Ashim precisò più volte questo particolare, come se a qualcuno fregasse veramente qualcosa di come si chiamasse il piano. L’operazione consisteva nell’introdursi di nascosto al Buffalo Ranch Hotel, una specie di casinò indiano misto ad un hotel a tema western, si trovava nelle vicinanze del confine dell’Arizona con lo stato del Nevada. Il posto veniva utilizzato molto spesso come copertura per i meeting aziendali, chi andava lì non volevano far sapere a sua moglie cosa stesse facendo veramente, Las Vegas non era poi così lontana. In un luogo del genere era difficile trovare qualcuno che facesse domande, sopratutto quando ti presentavi con una mazzetta di centoni in mano, se poi quei soldi te li da il governo degli Stati Uniti allora c’era solo da aprire la cassa e distogliere lo sguardo. Alcuni istruttori del progetto Agent presenti nello stato dell’Arizona aspettavano di essere trasferiti ad altri incarichi mentre si godevano una meritata vacanza; nel corso dei mesi avevano selezionato centinaia di candidati per il progetto e questa attività intensiva era stata troppo meticolosa rispetto alle linee guida impartite, con tutta probabilità, qualcuno o forse come in questo caso, più di uno aveva parlato e aveva divulgato informazioni sensibili all’esterno. Tra gli istruttori analizzati erano state riscontrate varie anomalie nei quattro profili che erano diventati i loro bersagli, il Governo non si aspettava di prendere eventuali traditori al primo colpo ma con questa piccola rappresaglia interna avrebbe scosso in qualche modo le eventuali talpe.
Per eliminare i bersagli si sarebbero fatti passare per un gruppo terrorista di stampo islamico, alcuni piccoli attentati erano già avvenuti nel resto della nazione e questo non avrebbe generato troppo scalpore da parte dell’opinione pubblica: si ipotizzava un aumento del numero di armi vendute ma nulla di più, eventuali indagini sarebbero state fermate sul nascere. Ufficialmente parlando nessuno di loro sarebbe dovuto essere li, in caso fossero stati presi il Governo avrebbe negato qualsiasi coinvolgimento e sarebbero stati processati come terroristi qualunque. Poteva sembrare inutile ricordare come partecipare ad un’operazione del genere potesse comportare dei rischi, e probabilmente lo era dato, ma avere una vaga idea di quello a cui si va incontro è sempre meglio che non averne affatto. Superato questo avviso, seguito da alcuni secondi di silenzio, Ashim fece spallucce e tornò a spiegare il piano, il Buffalo Ranch Hotel era una struttura composta da tre edifici principali: l’hotel, il casinò ed il centro benessere, al centro di tutto c’era una piscina mentre la zona del Ranch con il maneggio si estendeva nelle zone circostanti. La proprietà era di modeste dimensioni e per arrivare all’hotel era necessario percorrere un tragitto abbastanza lungo in macchina seguendo la strada principale. Di quello se ne sarebbero occupati Ashim e Claymore, i due sarebbero arrivati nella tarda mattinata facendosi passare per una coppia di turisti sauditi interessati ad una delle suite. Il consulente sarebbe andato avanti per primo distraendo il personale della hall mentre Claymore, con il volto coperto da un burqa, si sarebbe diretta verso il centro benessere alla ricerca di Cheney. L’uomo passava le giornate a smaltire i dopo sbronza vicino la sauna finché non ritornava padrone delle sue facoltà cognitive, in quel momento sceglieva una delle donne che entrava dentro la sauna, spesso donne di mezza età frustrate, ed ingaggiava una conversazione con l’unico fine consumare un rapporto sessuale con loro. Il resto della squadra nel frattempo si sarebbe recata con un furgone nei parcheggi sotterranei dell’hotel, li avrebbero sfruttato uno degli ingressi secondari per dirigersi al piano dove si trovavano la maggior parte degli uomini della sicurezza, l’operazione sarebbe stata svolta il giovedì, giorno libero della maggioranza dei addetti alla security, non avrebbero trovato più di tre o quattro persone. La loro missione doveva costare il minor numero di vite civili possibili e sparare a bruciapelo contro qualche guardia giurata non avrebbe facilitato l’insabbiamento del caso. Sistemate le guardie si sarebbe proceduto con la corruzione dei file registrati dalle videocamere, collegandosi con un portatile avrebbero mandato in crash il sistema con un virus pensato ad hoc. Superata questa fase Saturn sarebbe salito al pian terreno della hall per aiutare Ashim con il diversivo, Earl ed X sarebbero andati ai piani superiori per eliminare Ponder. L’ex forze speciali dalla stazza imponente non usciva da giorni dalla sua camera a causa di una violenta intossicazione alimentare; la sua uccisione si sarebbe dovuta svolgere in silenzio, la stanza infatti non era molto distante da quella di altri istruttori, il solo rischiare di allertarli significava compromettere il resto della missione. Una volta eliminato, Claymore avrebbe dovuto fare altrettanto con il suo bersaglio per poi fornire supporto ad Earl ed X in modo da trovare gli ultimi due istruttori: Alice e Michael. La prima, da barava ex agente della CIA, aveva subito provveduto a manomettere le varie telecamere nascoste e microspie presenti nella sua stanza, tutto quanto funzionava ancora ma le riprese mostravano sempre lo stesso identico giorno, mentre l’audio registrava rumori ambientali ed una telefonata fasulla in cui Alice informava sua madre di essere incinta. Le telecamere esterne, posizionate in punti strategici dell’hotel, invece mostravano come la donna stesse intrattenendo lunghe chiacchierate con un altro istruttore, Arthur Caponi, un ex poliziotto sotto copertura per la divisione narcotici. Anche le telecamere della sua stanza non funzionavano a dovere, ma a differenza di Alice le cimici non erano state manomesse; dal contenuto delle registrazioni si era quindi capito come i due fossero intimi ma niente di più, passavano la maggior parte del tempo a bordo vasca sorseggiavano cocktail e prendevano il sole. Per quanto riguardava Michael le cose erano molto più complicate, l’uomo aveva distrutto la sua camera dopo aver trovato una telecamera nascosta, un’incidente da poco per l’hotel che aveva subito provveduto a trasferirlo in un’altra stanza, ma delle telecamere esterne si evinceva come il bersaglio sapesse di essere osservato. Ogni giorno cambiava il suo itinerario fermandosi spesso nel casinò, qui aveva provveduto a distruggere o manomettere tutta l’attrezzatura governativa che aveva trovato. Dentro il casinò poteva esserci un’intera armeria nascosta da qualche parte, Axelson non era un tipo dal grilletto facile ma era troppo su di giri, anche per un veterano. Il diversivo sarebbe scattato una volta che uno dei due bersagli fosse stato localizzato: Ashim e Saturn avrebbero inscenato un finto attacco terroristico in cui l’arabo avrebbe fatto credere di avere con se un ordigno pronto ad esplodere mentre Saturn avrebbe mantenuto l’ordine con il suo kalashnikov. Avrebbero avuto una finestra temporale di mezz’ora per trovare l’ultimo obbiettivo e dirigersi al furgone con cui erano arrivati, il punto di estrazione era distante ma tenendo un margine di vantaggio di almeno un quarto d’ora sulle forze dell’ordine potevano farcela.
Nei cinque giorni successivi la squadra non fece altro che prepararsi al meglio per la missione, Earl passava lunghe sessioni al poligono, doveva prendere confidenza con una mitraglietta leggera silenziata e con un fucile d’assalto di pessima qualità; una volta eliminato Corey lui ed X sarebbero dovuti passare ad armi più tradizionali per dei terroristi, altrimenti le persone si sarebbero fatte troppe domande. Cooper e gli altri sarebbero entrati con un furgone travestiti da tecnici della luce, il piano era stato pensato in ogni minimo dettaglio, con tanto di creazione di finta società per rendere il tutto più realistico. Nel mentre che si esercitava con l’accento arabo, parte della copertura in cui riusciva particolarmente male, Ashim gli confidò come tutta l’operazione fosse stata presa e migliorata da un attacco terroristico sventato l’anno prima, dopodiché la loro conversazione si era conclusa con il consulente che gli diceva “Tu americano spara e basta, studia planimetria e non fare casino”. Tutta la preparazione procedeva per il verso giusto, l’unica parte con cui aveva problemi, oltre a fingere l’accento arabo, era la visione del materiale registrato: ore e ore di file su Diana che passava il tempo come una persona qualsiasi. Non sapeva cosa ci trovasse in Arthur, forse il fatto che fosse italo americano aveva inciso, sicuramente non poteva essere per le sue battute, quelle erano pessime ma Diana rideva lo stesso. Non aveva mai ascoltato le registrazioni per intero, tutti quei discorsi sulla vita prima di sentirgli fare sesso lo facevano sentire sporco, come guardare un porno dove c’è qualcuno che si conosce. Ad Earl era successo ma aveva forti difficoltà ad ammetterlo: alle superiori un suo amico gli aveva passato uno di quei video in cui un ragazzo che conosci perché l’hai incontrato una volta alla fermata del pullman per scuola, si scopava una ragazza carina di un’altra scuola. Il video era di pessima qualità ma lei era espertissima, lo guardò per mesi quasi ogni giorno, almeno fino alle vacanze di Natale. In occasione delle feste rivide sua cugina, che aveva studiato in Europa fino a sei mesi prima e che adesso andava a scuola in un altro istituto. La vide piegarsi allo stesso identico modo della ragazza nel video per raccogliere qualcosa che era caduto dal tavolo durante il pranzo, non guardò mai più quel video non si sentiva in grado di reggere ad uno shock del genere.
Arrivò il giorno dell’operazione ed il furgone veniva parcheggiato alle 11:03 nei sotterranei dell’hotel, Ashim e Claymore stavano percorrendo la strada principale per arrivare alla reception a bordo di un Hammer nero. Earl fece un respiro profondò ed uscì fuori dal veicolo, sotto la divisa bianca indossava dei vestiti da civile e nel borsone nascondeva le sue armi, X e Saturn gli stavano davanti, entrambi armati di Uzi silenziate pronte all’uso. Presero le scale di servizio e salirono di un piano, una scritta sulla porta informava come quello fosse il locale della security a cui solo il personale autorizzato poteva accedere, entrarono a passo lento togliendo la sicura alle armi. Quando Ashim chiese aggiornamenti si stavano già cambiando d’abito, Saturn si dirigeva verso la hall. Earl si mise il borsone a tracolla come se fosse una normale valigia mentre X , vestito come un rapper nascose l’uzi silenziato nella felpa , Cooper sembrava un tossico ripulito con la sua camicia con gli ananas e i pantaloni larghi color beige. Salirono al piano in cui doveva trovarsi il loro bersaglio, Earl bussò alla porta “Signore mi scusi, credo ci si stato un disguido” aveva parlato con quello che nella sua testa doveva essere un accento arabo, nessuna risposta “Signore può sentirmi?” questa volta si sentì la voce profonda di Pounder “Non ho chiamato il servizio in camera!” bussò ancora più forte “No signore io mi chiamo Kurt, questa è la nostra camera non la sua, deve esserci stato uno sbaglio” Pounder aprì la porta di scatto “Mi sembrava di avervi fatto capire di non voler essere disturbato!” Earl tirò il borsone sullo stomaco dell’uomo per farlo indietreggiare, X prese l’uzi e sparò tre raffiche contro la testa del bersaglio. Comunicarono tutto ad Ashim ed entrarono dentro la camera per prepararsi alla prossima fase, Cleymore era già entrata nel centro benessere ma non c’era traccia di George, doveva già essere entrato nella sauna. Dopo alcuni minuti sentì un gruppo di donne lamentarsi, dai loro discorsi capì come stessero parlando del suo bersaglio: un uomo biondo, visibilmente ubriaco, aveva cercato di avvicinarle ed una certa Emy era rimasta indietro con lui alla sauna tre. Una volta in posizione Claymore si accertò dell’identità del bersaglio, in quel momento Geroge stava già consumando l’amplesso con la donna, sparò senza esitazione con la sua otto millimetri silenziata freddando entrambi. Dopodiché mise davanti la porta il cartello con la scritta fuori servizio.
Saturn gli avvisò di come vedeva dei movimenti sospetti nella hall, qualche istruttore doveva aver notato qualcosa in Ashim, alcuni uomini non facevano altro che parlare tra di loro guardando nella sua direzione. Earl ed X intanto scesero al pian terreno da un altra scala di servizio mentre Claymore provando a non farsi notare cercava i bersagli tra la folla nella zona della piscina. Saturn riferì di rumori provenire dalle rampe di scale superiori, la donna allora incominciò ad avvicinarsi all’hotel per fornire eventuale supporto al diversivo, Earl ed X rimanevano da soli. Dopo una ventina di minuti Cooper sentì il suo compagno parlargli “Kurt dobbiamo andare al casinò, stiamo solo perdendo tempo qui“ Earl stava per replicare ma proprio in quel momento vide Diana che camminava a bordo vasca, “Coprimi” “Cosa?” domandò X “L’ho trovata, ora stai zitto e coprimi”. Alice stava entrando nella piscina ed era in compagnia di Arthur, Cooper segnalò la posizione del bersaglio alla squadra e prese la mira mentre X gli copriva le spalle; fu un istante ma a lui sembrava di aver fatto passare un secolo, un momento prima la donna che gli aveva insegnato tutto quello sapeva sorseggiava un cocktail mentre faceva il bagno, un momento dopo il suo corpo scivolava lentamente nella vasca in una macchia di sangue, in mezzo il lampo della raffica dei colpi esplosi. La gente incominciò ad urlare e a scappare in modo disordinato, dalla hall si sentì provenire il rumore di altri spari: il diversivo era appena iniziato, adesso avevano mezz’ora per trovare Axelson e farlo fuori. Tuttavia non riuscirono a rintracciarlo, dopo essere entrati nel casinò ebbero un piccolo confronto con degli istruttori ma di Michael nessuna traccia, non ci furono particolari problemi, nessuno voleva fare l’eroe, neanche Arthur che ora si era nascosto da qualche parte. Tornarono velocemente all’hotel dove il resto del gruppo gli aspettava per dirigersi al furgone. Mentre correva, evitando di farsi colpire dagli uomini della sicurezza, passò di nuovo vicino la piscina e vide il corpo di Diana galleggiare senza vita a testa in giù, non c’era tempo per fermarsi.
Scesero di corsa ai sotterranei controllando di tanto in tanto se qualcuno gli stesse seguendo , a quanto sembrava erano tutti troppo occupati a riprendersi dallo shock o a chiamare i soccorsi per occuparsi di loro. Arrivarono al piano della sicurezza per controllare se nel frattempo qualcuno non avesse fatto visita all’armeria, il rumore di un colpo esploso da un fucile a pompa quasi perforò i timpani di Earl. Fece appena in tempo a scansarsi dalla porta, Saturn invece cadde all’indietro contorcendosi per il dolore, un secondo colpo lo uccise definitivamente, si sentì un urlo “Simper fidelis!” era Michael. Gli tremavano ancora le mani quando vide Ashim lanciare una granata accecante dentro l’armeria, poi Claymore imbracciò l’AK di Saturn, anche l’ultimo bersaglio era stato eliminato. Si diressero immediatamente verso il furgone correndo a più non posso, fortunatamente gli spari nei sotterranei avevano tenuto lontano la gente che non si era precipitata verso le macchine. Abbandonarono l’hotel in tutta fretta, la polizia arrivò sul posto solo venti minuti più tardi, loro erano già in viaggio per il punto di estrazione. Dentro il furgone non parlava nessuno, Ashim guidava come un matto mentre X controllava con l’Uzi nascosto nella felpa se qualcuno li stesse seguendo, la tensione si poteva tagliare con il coltello. Claymore sul retro del furgone guardava in basso mentre si toglieva i vestiti , Earl fissava il parabrezza come se da un momento all’altro dovesse esplodere. Abbandonarono il mezzo dopo essere usciti fuori strada, in lontananza già si sentivano alcune sirene, probabilmente ambulanze e pompieri, ma un elicottero militare era già pronto a trasportarli lontano da lì.
Dopo la prima ora di volo Ashim ruppe il silenzio “Programma Agent buono, missione andata bene, quando ci rivediamo vi offro birra, ok?” tutti quanti annuirono con la testa, non furono dette altre cose per il resto del volo. Earl era perso completamente nei suoi pensieri e questa volta aveva più di una ragione per esserlo, non riusciva ancora ad accettare che Diana fosse morta. Non poteva essere stato così semplice, non poteva andare veramente in questo modo. Come poteva morire così una persona tanto in gamba? Andiamo uccisa da una semplice raffica di colpi? Doveva esserci qualcosa, forse aveva ucciso un sosia, forse non era morta, forse aveva ucciso un altro istruttore che assomigliava molto a Diana, all’atterraggio avrebbe trovato Brad e Frank che lo avrebbero riportato alla struttura e una volta arrivato Diana gli avrebbe insegnato altre cose, tutto sarebbe tornato come prima. Appena atterrato Earl ed il resto del gruppo venne messo in un hangar dove alcuni militari gli portarono dei fascicoli da dover imparare a memoria: ufficialmente Cooper non era più stato in giro ad ammazzare persone, lui aveva partecipato ad una nuova terapia in cui si cercava di reprimere gli intenti criminali del paziente attraverso l’attività motoria e lavori manuali a contatto con la natura. Il progetto non gli era piaciuto e si era trovato male, aveva anche cercato di scappare ma era stato messo sotto sorveglianza a causa di una rissa in cui l’avevano coinvolto. La storia era banale ma credibile, giustificava tutte le cicatrici e la massa muscolare che aveva sviluppato, non poteva lamentarsi. Questa volta non c’erano nomi, non c’erano cose che si sarebbero potute cambiare o simili, era una carrellata di avvenimenti verosimili che sarebbero potuti succedere ad un carcerato in un progetto sperimentale per il reinserimento nella società, niente di più e niente di meno. Lo misero da solo su un altro aereo militare, questa volta era diretto alla Struttura in cui era cominciato tutto, l’edifico però era diverso. Ad attenderlo c’erano degli anonimi agenti vestiti in nero, l’interno era spoglio: tutto quello che aveva a che fare con il progetto Agent era stato portato via. Venne condotto davanti l’agente Gray che si congratulò con lui per l’ottimo lavoro, Earl ringraziò senza troppe cerimonie e poi ascoltò le raccomandazioni di Jacob riguardo il mantenersi in forma e di come il Governo contasse su di lui.
Lo riportarono a Goldenhope, questa volta però si trovava su un autobus del penitenziario, c’era solo lui, era rimasto solo lui. Tutto il resto ormai era diventato un ricordo e niente sarebbe più stato come prima, lui doveva semplicemente abituarsi al fatto che la vita andava avanti. Tutto cambiava un’altra volta anche se lui rimaneva sempre lo stesso, anche se sentiva di aver perso tutto un’ altra volta, anche se si sentiva di nuovo solo, in trappola. Il tempo non avrebbe smesso di scorrere e quello che era successo non poteva essere cambiato. Superficialità, quello che gli serviva era un po’ di superficialità, almeno avrebbe evitato di pensarci troppo.
TESTO: OBLOQUOR
ILLUSTRAZIONE:Rei Hasegawa
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